A Winston-Salem, nel cuore dello stato del North Carolina, dove il basket scolastico è una questione culturale, sociale, lo chiamavano “The Greek Deac”, il diacono greco. Konstantinos Mitoglou, Dinos per tutti, ha giocato per tre stagioni in America all’università di Wake Forest, resa famosa nel mondo soprattutto per aver ospitato in passato niente di meno che Tim Duncan (e successivamente anche Chris Paul che però è tutt’altro ruolo rispetto a Dinos). I giocatori di Wake vengono chiamati “Demon Deacons”, i diaconi del demonio. Di qui il soprannome incollato a Mitoglou, uno dei nuovi giocatori della nuova Olimpia, un ragazzo che ha già una carriera alle spalle ma è giovane, 25 anni, e che solo adesso sta approcciando gli anni decisivi della sua carriera.

Wake Forest è una delle Big Four del basket universitario dello stato, ma generalmente – tranne in sporadiche occasioni – è considerata la numero quattro, dietro Duke, North Carolina e North Carolina State. Negli anni di Mitoglou, l’allenatore era Danny Manning, un’altra leggenda del basket americano, soprattutto al college di Kansas dove vinse il titolo NCAA guadagnandosi la chiamata al numero 1 dei successivi draft NBA, dov’è rimasto per oltre un decennio. Questo è il posto in cui Mitoglou è diventato un giocatore di alto livello, giocando per due anni accanto a John Collins, stella degli Atlanta Hawks adesso, uno che pubblicamente di Mitoglou ha detto semplicemente che “un 2.10 che tira come lui, duro, può giocare in ogni lega del mondo”. Nei suoi occhi forse c’erano quella storica partita contro Louisiana State in cui segnò otto canestri da tre punti.

Mitoglou, che ovviamente aveva giocato nelle nazionali giovanili greche, in quelle stagioni americane è diventato quello che è adesso. “Andare negli Stati Uniti ha completato un percorso, era un mio sogno, e volevo fare qualcosa di diverso”, ha detto. Se n’è andato con un anno di anticipo rispetto a quando avrebbe potuto per consumare il quadriennio di eleggibilità, per diventare un professionista al Panathinaikos.

Prima di andare in America, Mitoglou aveva giocato a Salonicco e con l’Aris aveva debuttato nella massima lega ellenica, da giovanissimo nella stagione 2013/14. A Salonicco era finito al seguito del padre, Dimitris, eccellente difensore centrale prima al Drama e poi al Paok. Il calcio scorre nelle vene di famiglia. Il fratello di Dinos, Gerasimos, nell’ultimo anno ha giocato nell’AEK Atene. “Ho scoperto il basket a 12 anni, giocando proprio contro mio fratello. Correvo avanti e indietro per il campo, è stato divertente, ho cominciato così – racconta – Il mio giocatore preferito era Toni Kukoc, quando giocava nei Chicago Bulls, poi è stato Dirk Nowitzki. Erano secondo me le migliori ali forti del mondo, ma sapevano anche trattare bene la palla”.

Al Panathinaikos ha avuto quattro anni in crescita: nel 2017/18 ha giocato in sostanza solo in campionato, poi non si è più fermato. Nell’ultima stagione, in EuroLeague ha segnato 9.3 punti di media con il 57.5% da due. Inoltre, è stato quarto rimbalzista, quarto rimbalzista offensivo e ha chiuso la stagione con 103 canestri da due punti, 21° assoluto. In campionato, ha accumulato 11.3 punti di media con 6.4 rimbalzi, il 60.7% da due e un clamoroso 44.0% da tre. Nella partita che ha consegnato al Panathinaikos il quarto titolo greco della sua carriera, contro il Lavrio, ha segnato 23 punti con 12 rimbalzi e 35 di valutazione. Un bel modo di salutare il proprio paese.

Mitoglou sarà il settimo giocare greco a vestire la maglia dell’Olimpia. Il primo fu nel 1955 Mimis Stefanidis, grande star del Panellinios che diventò addirittura il primo straniero nella storia del club. Stefanidis rimase a Milano un anno, poi giocò anche a Venezia ma sostanzialmente ritornò in patria. In seguito a Milano hanno giocato brevemente Giorgios Sigalas, Giorgios Kalaitzis, ma soprattutto i più acclamati Antonis Fotsis e Ioannis Bourousis, ambedue per due anni, e infine nella stagione 2013/14 come “insurance guy” prima dei playoff toccò a Ioannis Athinaiou che tecnicamente è stato anche l’unico a vincere lo scudetto.

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