Gropello Cairoli, in Lomellina, provincia di Pavia, è un comune che sorge accanto al Ticino. Con tutti i suoi abitanti non riempirebbe il Forum di Assago, ma la distanza con l’arena che ospita l’Olimpia è minima, sono 32 chilometri circa, quasi tutti di autostrada. È a Gropello Cairoli che un giorno un bambino abituato a divertirsi utilizzando un canestrino da bambini appeso ad una porta di casa, vide un cartellone che promuoveva i corsi di basket della squadra locale. “Era tutto molto amatoriale, erano corsi per bambini che dovevano passare il tempo. Ma mio fratello Davide, che giocava a calcio, volle provare anche con il basket. Io andai con lui”, racconta Achille Lonati. La sua storia che l’ha portato a diventare uno dei migliori prospetti del basket italiano nasce così. A Gropello Cairoli, provincia di Pavia.
Ma Achille Lonati era un bambino timido e quei ragazzi molto più grandi di lui – il fratello Davide è del 2002, gioca a Firenze quest’anno – erano un problema. Non se la sentiva di misurarsi con loro. Quando cominciava l’allenamento, si nascondeva in una saletta della scuola. La nonna gli procurava un pallone e lui palleggiava. Gli riusciva bene. Un giorno vinse la timidezza e andò in campo. Da quel momento non ne è più uscito.
“Ero in prestito alla Junior Vigevano. Facemmo un’amichevole con l’Olimpia vincendo. Giocai bene. Mi chiamarono, proponendomi di venire a Milano – racconta – ma mi sembrava un’avventura, non mi piaceva uscire dalla mia comfort-zone. Inizialmente dissi no, unendomi a loro solo per qualche torneo come aggregato”. Nel 2015 lo convinsero. Il primo torneo fuori regione della sia vita lo giocò a Firenze nel 2016. Con lui c’era anche Diego Garavaglia. L’Olimpia vinse e lui fu nominato MVP del torneo. “Venire a Milano è stata la scelta migliore. Ricordo il mio primo giorno, quando Michele Samaden, allora mio allenatore al minibasket, mi fece visitare la palestra, incontrare qualche giocatore. Se penso che adesso la mattina spesso sono lì anche io con quei giocatori mi emoziono, mi rende orgoglioso”.



La scalata è stata repentina: Lonati ha vinto il titolo Under 15, ha conquistato la finale degli Europei con la Nazionale Under 16, ha giocato la finale Under 17 sotto età, ha vinto il titolo Under 19, ha vinto due volte la Next Gen Cup, ha vinto l’argento mondiale con la Nazionale Under 17. “Le attenzioni fanno piacere perché significa che sto facendo qualcosa di buono. Se qualcuno si complimenta sono contento che lo faccia. Ma come giocatore ho ancora tanto da fare, vorrei evolvermi, non essere soltanto una guardia. Vorrei giocare il pick and roll, mettere in ritmo i compagni, fare un po’ anche il playmaker, trasformarmi in una combo-guard completa. Oggi sono un buon tiratore ma cerco di fare di più che tirare. Se vedo un giocatore affermato eseguire un buon movimento, cerco di capirlo e replicarlo ma lo faccio con tutti, non ho un modello”, spiega. Non ha un modello ma ha un idolo, un giocatore preferito: “LeBron James: ho sempre seguito, guardato, ammirato lui. Credo di conoscere tutto il roster dei Miami Heat delle sue stagioni”.

Nonostante i 18 anni, Lonati ha già dunque maturato esperienze significative soprattutto in maglia azzurra. “Ricordo il primo raduno per i ragazzi della mia età. Non mi convocarono e ci rimasi male. Ma andai al secondo raduno e poi ho debuttato nell’Under 15 a Melilla. Da quel momento non ho più lasciato l’azzurro, ho sempre dato quello che avevo, ed è sempre emozionante”, dice. Agli Europei Under 16 del 2023, Lonati era stato forse il migliore degli azzurri fino alla semifinale con la Francia. In quella gara si infortunò nel primo tempo, dovette uscire senza riuscire a rientrare e soprattutto senza poter giocare l’equilibrata finale con la Spagna. È stato doloroso: per tutto il giorno ho continuato a chiedere se ci fosse un modo per giocare. Ma andammo in ospedale, era coinvolto anche il medico dell’Olimpia. Mi spiegarono che non aveva senso rischiare e sono dovuto rimanere fuori”.

Ma un anno dopo era in campo nella finale dei Mondiali Under 17 contro gli Stati Uniti: “Avevano giocatori già noti, famoso sui social media. Io onestamente pensavo di potermela giocare, ma non è stato così. Venivo da un Mondiale di cui non ero soddisfatto. Mi infortunai pochi giorni prima e non stavo benissimo. Ma quella finale volevo giocarla al massimo e ci sono riuscito”. Lonati segnò 20 punti con 6 su 6 da tre. “In generale quando gioco non guardo all’avversario, penso sempre di potermela giocare con tutti e di essere il più forte. Gioco a mente sgombra, tranquillo, facendo ciò che so fare meglio”. Meglio se può farlo insieme agli altri “moschettieri”, Diego Garavaglia e Gigi Suigo: “Sono come una seconda famiglia, sono come fratelli. Ci vediamo tutti i giorni, per buona parte del giorno. E’ inevitabile che si sia creato un rapporto speciale: non posso immaginarmi senza loro accanto a me”.

