Una settimana prima aveva vinto la Coppa Italia. Il giorno prima aveva contribuito alla vittoria esterna di Caserta ma ad un certo punto il legamento crociato anteriore del ginocchio destro, uno degli infortuni più temuti dai giocatori di basket, aveva ceduto dopo una penetrazione. Zoki Dragic era rientrato a Milano con la squadra ma era stata necessaria una sedia a rotelle per trasportarlo dall’aereo al pullman. Gli esami successivi avevano purtroppo confermato la prima diagnosi: stagione finita, lungo periodo stop e tanto lavoro in palestra per la riabilitazione.
Il percorso non è terminato. Ma Dragic, tra terapie, ghiaccio, piscina, ha recuperato una condizione fisica impressionante a occhio nudo e oggi insieme con Mario Fioretti è tornato anche a correre in campo, tirare i primi jumper. Un vero allenamento individuale, quasi senza alcuna limitazione ai movimenti. “In questi mesi ho visto più Claudio Lomma della mia famiglia”, ha detto Dragic riferendosi al fisioterapista che lo sta accompagnando, incitando, sostenendo oltre a curarlo. “Per me difficile è allenarsi da solo, sempre in solitudine: mentalmente è l’aspetto più complicato”, ammette.
Sarebbe sbagliato pensare che il peggio sia alle spalle. Ci sono ancora tanti mesi di lavoro e il pallone sarà usato ancora poco rispetto alla fatica, il dolore, la noia di tanti movimenti da ripetere all’infinito. Poi dovrà recuperare il tono agonistico, riabituarsi ai contatti. Resta tantissimo lavoro da svolgere. Ma oggi Zoki ha ripreso a sentirsi un giocatore di basket. Lo meritava.