Sotto uno stralcio del libro, disponibile dal 3 novembre in tutte le librerie e su tutte le piattaforme digitali dal 6 novembre, “Un Principe tra due mondi. Il mito di Cesare Rubini”, scritto da Sergio Giuntini, Sergio Meda e Mario Zaninelli, Augh Edizioni, Collana Tatanka. Il libro verrà presentato il 2 novembre al Mediolanum Forum, presso la sala stampa, alle ore 19:15
… Nella vita di Cesare Rubini un giro di boa decisivo fu quello che lo portò da Trieste a Milano. Uno di quei treni che passano raramente ed è imperdonabile lasciarsi sfuggire. Un primo effetto fu la rinuncia al nuoto agonistico. Questo addio, per concentrarsi sulla sola pallanuoto, venne consegnato da Rubini alle seguenti parole: <<Fare una corsia, toccare il fondo della piscina e ritornare indietro senza avere uno scontro tra uomo e uomo>>, lasciai perdere: “Amo la competizione”. Di concerto, senza averlo assolutamente programmato, giusto l’opportunità di trasferirsi a Milano gli consentì d’emergere come sommo interprete di quel gioco acquatico per il quale provava un autentico interesse. Sin lì la notorietà che stava acquisendo gli derivava tuttavia principalmente dalle già manifestate capacità cestistiche. Qualità che Rubini tenderà sempre a sminuire, confessando ai suoi biografi Aldo Pacor e Oscar Eleni di <<non essere mai stato un grande giocatore di pallacanestro>>. Un esercizio di falsa modestia che appare poco credibile.

I soldi del Partito d’Azione
Alceo Moretti, un pesarese laureato alla “Bocconi”, che da allievo ufficiale a Pola aveva conosciuto l’”accademista” Rubini a Brioni, lo convinse supportato da Adolfo Bogoncelli e Sergio Paganella a trasferirsi nella metropoli lombarda con una cernita di cestisti giuliani per giocare in una formazione, la Triestina Milano, cui si affidava il compito di propagandare l’italianità di Trieste minacciata dalle mire di Tito.
Rubini prese al volo il generoso ingaggio (70.000 lire), e nel 1945-’46 disputò un buon campionato con la Triestina Milano “azionista”. I soldi del PdA finirono però in fretta, la Triestina meneghina si dissolse, e in questa contingenza economica Rubini si affidò alla pallanuoto. O meglio, anche nel frangente, intervennero una serie di condizioni particolari e favorevoli che lo indussero a dedicarsi con piacere a un “secondo lavoro”. A Milano allora vice-presidente della Canottieri “Olona”, fondata nel 1894 e con alle spalle una storia remiera importante, era il ligure Aldo Parodi. Avviato a presiedere la Federazione Italiana Nuoto (FIN) dal 1964 al 1982, Parodi era pure genero del munifico presidente dell’”Olona” Giovanni Tappella: un industriale della bicicletta, nonché suo predecessore da presidente della FIN dal 1946 al 1953. Dunque Parodi, cui non difettavano le manie di grandezza adeguatamente finanziate dal suocero, si mise in testa di potenziare la sezione pallanotistica dell’”Olona”.
