“Shelvin Mack ha una carriera importante alle spalle, è un vincente, lo abbiamo voluto per queste caratteristiche. Coach Messina lo voleva già ai tempi del CSKA Mosca ed è stata una delle prime richieste che mi ha fatto. Sono felice che sia arrivato da noi”. Così il general manager dell’Olimpia Christos Stravropoulos ha presentato Shelvin Mack, otto anni di NBA alle spalle oltre a due finali NCAA giocate da protagonista. “L’adattamento sarà facilitato dall’esperienza di Messina e dal supporto del club, che è qui per questo, ma molto ci aiuterà la sua grande voglia di essere con noi”, ha continuato Stavropoulos.
La scelta – “Volevo un’opportunità di giocare di più – ha detto Mack -, avere un ruolo più ampio. Sono nel pieno della mia carriera, venivo da un anno difficile, in cui sono stato scambiato passando da Memphis a Charlotte, e l’EuroLeague è un livello alto che tanti giocatori, e ho molti amici che sono qui o ci sono passati, considerano. E’ stato così anche per me. Coach Messina mi ha spiegato il progetto, la cultura che c’è qui, la tradizione vincente. Ho pensato fosse un matrimonio perfetto e penso che potremmo fare cose importanti”.
La leadership – “Sono stato un leader praticamente in tutte le squadre in cui ho giocato. In parte è una questione di ruolo, sono un point-man e comincio il gioco, poi devo fermare la palla quando difendiamo, e sono io a dettare i ritmi del gioco. Sì, io e Sergio Rodriguez dovremo guidare la squadra, abbiamo le qualità per farlo. Come giocherò quest’anno lo vedremo di volta in volta, ci saranno partite in cui dovrò segnare di più e altre in cui servirà coinvolgere maggiormente i compagni per centrare l’obiettivo che è la vittoria”.
Allenatore in campo? – “In ogni point-guard c’è un po’ di allenatore, è l’estensione in campo del coach. A me piace chiamare i giochi, le rimesse laterali, preoccuparmi di tutto quello che può aiutarci ad avere un vantaggio: sono un fanatico del basket. Sì, penso che potrei fare l’allenatore in futuro, mi piace anche aiutare i ragazzi”.
Brad Stevens e gli altri coach – “Ho avuto tante fonti di ispirazione. Brad Stevens, il mio coach a Butler, è stato un mentore, una guida, il coach determinante. Ma anche Quinn Snyder che ho avuto nella NBA a Utah, uno con cui ho parlato prima di venire qui perché è stato al CSKA qualche anno fa, Frank Vogel che diceva fossi un allenatore quando eravamo a Indiana nella NBA, Coach Budenholzer. Ho avuto la fortuna di giocare per un gruppo di allenatori di qualità dai quali ho appreso molto cose che mi sono servite in campo”.
Adattamento – “Sì, sono un rookie ma non ho paura perché hai paura quando non sei preparato e io sarò preparato. Non conosco tanto il campionato italiano, ma farò le mie ricerche e studierò i miei avversari. Ho parlato molto con Jan Vesely, con cui ho giocato a Washington, è un mio buon amico, poi ho parlato con Coach Messina e abbiamo discusso dei regolamenti differenti. So che qui un giocatore non può chiedere time-out, che non ci sono i tre secondi difensivi, che si può toccare la palla sopra il ferro, per dire delle differenze principali”.
Prime impressioni – “Ottime, tutti vogliono competere e si lavora duro. Ovviamente ci stiamo conoscendo solo adesso, ognuno di noi deve capire il proprio ruolo. Ma quando lavori così hai sempre la possibilità di vincere. Milano non l’ho ancora visitata bene, anche se sono stato qua, in Italia, dieci anni fa con la Butler University e avevo avuto già buone sensazioni. Vivere qui è facile, tutti mi hanno accolto a braccia aperte e molti parlano inglese, per cui l’adattamento non sarà complicato”.