Qual è la vostra ala forte preferita dell’era Olimpia pre 1990? La scelta può variare: Bob McAdoo, che in difesa era più facile vedere in copertura del centro avversario, è il giocatore che ha vinto di più (due scudetti, due Coppe dei Campioni, la Coppa Intercontinentale), ma Arthur Kenney, lui stesso ballando tra il ruolo di ala forte e quello di centro, ha interpretato meglio di chiunque altro lo spirito gladiatorio della sua Olimpia e in questo può essere paragonato a Vittorio Gallinari, forse il miglior difensore della storia biancorossa per efficacia e duttilità. Ken Barlow giocava accanto a McAdoo, forzato spesso a fare l’ala piccola, ma con lui Milano ha fatto il Grande Slam. Vittorio Ferracini era un altro giocatore fisico che si adattava alle esigenze della squadra ballando addirittura tra tre ruoli in certi momenti.
Arthur Kenney – Il gladiatore che non aveva paura di nulla, si esaltava nei climi caldi e sapeva usare la sua forza fisica per prendere rimbalzi, annullare avversari e segnare punti di energia. Poi era un atleta superbamente preparato che poteva correre 40 minuti senza pause. Di sicuro dava tutto in ogni partita e con lui l’Olimpia tenne testa alla grande Ignis Varese dei primi anni ’70.
Vittorio Ferracini – Giocatore di passaggio tra il periodo sofferto della seconda metà degli anni ’70 e la nascita dello squadrone di Dan Peterson. Altro giocatore di squadra, che faceva il centro nella Banda Bassotti e l’ala tattica quando arrivò John Gianelli.
Vittorio Gallinari – Uno dei più grandi difensori della storia italiana, per la capacità di marcare giocatori differenti o di interpretare la sua posizione nella 1-3-1 di Peterson. Totalmente dedito alla squadra, riuscì a completare il Grande Slam del 1987.
Ken Barlow – Venne a Milano da rookie, costretto a giocare fuori ruolo da ala piccola. Ma a quei tempi era esplosivo, atletico e forte fisicamente in più era dotato di un gran tiro dalla media. Altro membro dello squadrone del Grande Slam del 1987.
Bob McAdoo – Doveva essere a fine carriera invece se ne costruì una seconda in Italia. I quattro anni a Milano sono stati travolgenti. Giocava ala forte in attacco, spesso centro in difesa, macinava punti, e vinse due volte la Coppa dei Campioni. Che venga ricordato di lui più il tuffo di Livorno che i tanti canestri segnati è significativo di come abbia interpretato la sua esperienza.