Alla vigilia della serie di playoffs con il Maccabi, Luca Banchi volle con se, in conferenza stampa, Massimo Cancellieri e Mario Fioretti, i suoi due assistenti. Rappresentavano tutto lo staff o il fatto che dietro ogni allenatore, lui sempre in trincea, sempre esposto, c’è sempre uno staff di persone che lo supportano. Il capo allenatore è come il capo meccanico: ha l’ultima parola, a lui spettano le decisioni importanti, onori e oneri, ma ha bisogno di collaboratori.

Massimo Cancellieri è arrivato a Milano dopo la lunga parentesi biellese: teramano, allenatore nato prima nella femminile a Roma, poi scalando tanti gradini fino alla prima squadra di Teramo da assistente, poi Montecatini da capo in Legadue, assorbendo qualcosa dell’accento toscano, quindi Biella da assistente di Luca Bechi, Veroli da capo allenatore e di nuovo Biella come head coach. Ha fatto più o meno bene dappertutto. Da qualche anno, lo stesso Banchi l’ha fatto, è abbastanza usuale che i grandi club scelgano di affiancare all’allenatore un ex capo allenatore per alzare la qualità dello staff. Cancellieri è stato la scelte di Luca Banchi. Giovane ma già esperto, capace di sdrammatizzare e di fare gruppo, di dialogare con i giocatori, vegetariano da sempre e proprio per questo oggetto di qualche innocente battuta ma nel rispetto delle reciproche convinzioni, Cancellieri ha avuto anche la soddisfazione di allenare la squadra a Cremona, quando il capo era “infortunato”. Quella sera Cancellieri ammise di essersi commosso immaginando quali allenatori si erano seduti su quella panca. Il biglietto di ingresso della partita oggi è incollato alle sue spalle, in ufficio.

Mario Fioretti, l’altro assistente, è uomo Olimpia a 360 gradi. Arrivò con Attilio Caja dopo un colloquio che lui stesso definisce “drammatico”. Andò così male che telefonò alla futura moglie confessandogli che era “riuscito a far arrabbiare il capo anziché convincerlo ad assumerlo”. Invece Caja lo assunse lo stesso e lì cominciò una storia che l’ha portato allo scudetto, alla Nazionale, a diventare uno dei maggiori specialisti d’Europa nell’analisi al video delle partite. Mario, se non è in palestra o a casa con la moglie e le sue splendide e vivacissime bambine, è sempre incollato al computer ad analizzare, vivisezionare, catalogare. Bergamasco di origine, ha giocato nella sua città ed era un attaccante di qualità sia pure a basso livello e un difensore indifferente. Diventando allenatore ha modificato il suo approccio in modo totale. Quando ha scelto di fare l’allenatore sul serio, ha avuto il coraggio di lasciare Bergamo e volare nell’Indiana:  il rispetto per il grande Bobby Knight, che lo ospitò da assistente volontario per un anno, è pari solo alla padronanza totale dell’inglese e all’odio per l’aria condizionata!

Giustino Danesi, il preparatore atletico, è uomo di fiducia di Luca Banchi. Lo conobbe a Livorno all’alba della sua carriera. In seguito Danesi, che ha lavorato anche nella pallamano e nel tennis, ha operato a Montegranaro, di nuovo a Livorno e infine a Siena prima con Pianigiani da capo. Ex ostacolista, fisicamente un cubo, Praga indicata come città preferita, oltre ad essere un preparatore fisico di qualità, è bravo a coinvolgere i giocatori nel suo lavoro, a stabilire un rapporto di reciproca fiducia. “Sono orgoglioso di come Keith Langford ha recepito l’importanza del lavoro atletico”, dice sbandierando forse l’impresa migliore. Ma anche Alessandro Gentile ad esempio ha abbracciato una sorta di routine atletica prepartita di cui ha senza dubbio beneficiato. E tra i suoi capolavori anche la restituzione ad una condizione invidiabile di giocatori che avevano cominciato la stagione in difficoltà come CJ Wallace e Kristjan Kangur. Ma non è solo un preparatore atletico, è un po’ l’anima del gruppo, per il buonumore innato e la simpatia. Anche la scaramanzia: prima della partita di Sassari, nel girone di andata, si rese conto di non avere un orologio per tenere sotto controllo i tempi del riscaldamento pre paratita. Se lo fece prestare da Claudio Limardi, direttore della comunicazione, e la squadra giocò una partita super. Da quel momento, lo scambio di orologi è diventato un obbligo prima di ogni gara.

Marco Monzoni, “Da Monz”, è il fisioterapista che ha seguito la squadra ovunque. A caratterizzarlo sono la provenienza dall’Azerbaigian e il bellissimo matrimonio con una giocatrice ceka di pallavolo, il suo sport originale. Ma Monzoni è anche un uomo squadra e un fanatico della preparazione fisica. Claudio Lomma, l’altro fisioterapista, valtellinese ed ex ciclista, è specializzato nel recupero degli infortunati, lavoro che nell’ultima stagione ha richiesto un impiegno… totale, in palestra, sul lettino e in piscina. Il suo paziente preferito, in questi anni, Alessandro Gentile.

Lo staff medico è capitanato dal dottor Marco Bigoni, la miglior forchetta del gruppo, un’istituzione a Milano, figura di riferimento per tutti, grandissima abilità nel prevedere i rientri dei giocatori e normalmente capace di rimettere in piedi chiunque in anticipo rispetto ai tempi di recupero classici. Matteo Acquati, “Acquamat” il soprannome, varesino, ha accompagnato la squadra nella maggioranza delle trasferte. Dei medici è il più giovane e quello nelle migliori condizioni… atletiche. Fu lui nella notte nevosa di Kaunas a scortare Samardo Samuels al più vicino ospedale per verificare la frattura della mano. Ezio Giani, arrivato la scorsa estate da Cantù, proprio per la sua provenienza è stato bersagliato da tutto lo staff. Persona deliziosa, medico sportivo espertissimo, mago della dieta, non solo sui giocatori ma anche sugli altri membri dello staff cui ha imposto pasti privi di pasta, riso e pane oltre ad alcool e dolci. Per quanto sia stato rispettato da tutti, è giusto ricordare che nella notte della vittoria di Sassari in gara 6, un metro quadro di tiramisu fu divorato in suo onore. L’osteopata Giovanni Bassi di tutto lo staff è senza dubbio il miglior tiratore come ha dimostrato prima di un’eccellente carriera nelle minors lombarde e adesso… prima di ogni allenamento.

Simone Casali, il team manager-scout dell’Olimpia, è diventato noto nell’ambiente per il suo rapporto con Curtis Jerrells. Se Jerrells ha finito la stagione come sappiamo, il sostegno di Casali è stato probabilmente decisivo. Oppure così lui vorrebbe far credere… Ex allenatore nelle giovanili, prima di Cantù e poi della stessa Olimpia, profondo conoscitore dei giocatori di mezzo mondo, maniaco dei numeri (in America lo chiamerebbero un “analytic guy”), dei file excel, parla americano in versione slang e considera la sua vacanza ideale quella che lo porta da Orlando a Las Vegas fino a Creta con zero giorni passati nei parchi, alle slot machine o in spiaggia e tutti gli altri trascorsi in palestra a vedere summer league NBA o Europei giovanili.

Pippo Leoni ha messo a repentaglio la sua proverbiale linea durante i playoffs quando ha dovuto mangiare una porzione maxi di panna cotta prima di ogni gara per una questione di scaramanzia. Leoni è l’altro team manager dell’Olimpia, ex allenatore anche lui, anche all’Olimpia di cui ormai è un’istituzione a dispetto dell’età, lavoratore infaticabile, l’uomo che risolve i problemi in ogni momento, ovunque e nel minor tempo possibile, che si tratti del visto di Samardo Samuels o le gomme consumate dell’auto… di Samardo Samuels. (22-continua)

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