Ci sono state situazioni ricorrenti nella stagione dell’Olimpia e purtroppo anche dolorose. Ci sono state sconfitte razionalmente inspiegabili nel senso che sono state il frutto di episodi incredibili e di fronte ai quali l’unico sentimento possibile è la frustrazione dettata dall’impotenza, più che il rammarico. Il più rocambolesco è stato la sconfitta di Istanbul contro l’Efes nelle Top 16 di Eurolega. Negli ultimi tre minuti di partita si è verificata una concomitanza di piccoli episodi contrari assolutamente inusuale. Sarebbe stato sufficiente che uno di essi fosse favorevole per vincere la partita. Si va da un lay-up sbagliato da Hackett ad un 1/2 dalla lunetta dello stesso Hackett. Sarebbe stato sufficiente che Keith Langford non sbagĺiasse il secondo tiro libero ma il primo. Sarebbe cambiato tutto. Ma la verità è che la partita era stata vinta comunque. Vinta.
A conti fatti è stata una sconfitta ininfluente. L’Olimpia non sarebbe comunque arrivata meglio che seconda nel proprio girone. Ma in quel momento la sensazione fu che con il tiro incredibile di Zoran Planinic se ne fosse andata una larga fetta di futuro europeo. L’Olimpia aveva battuto, dopo l’Olympiacos, anche Vitoria ma in un girone di Top 16 serve vincere almeno due volte in trasferta a patto di non perdere più di una volta in casa. Quella di Istanbul aveva tutta l’aria di essere un’occasione persa. Nella buia notte di Istanbul nessuno poteva immaginare che l’Olimpia nelle Top 16 in casa non avrebbe mai perso, che avrebbe vinto sette gare consecutive sbancando il Pireo, Vitoria e l’altra Istanbul. Quella sera l’unica immagine stampata nella mente, l’unico pensiero era legato come un incubo al più incredibile canestro dell’anno. Quello di Zoran Planinic. E il terribile sospetto che di fatto avrebbe poi eliminato l’Olimpia dalla corsa ai playoffs.
Quando Alessandro Gentile segnò a Sassari in gara 3 di semifinale – parliamo ovviamente di campionato – da tre grazie anche ad un rimbalzo favorevole ammise che la fortuna gli era stata amica ma ricordò anche che durante la stagione raramente era stato così (in Coppa Italia allo scadere del terzo quarto proprio Drake Diener di Sassari aveva accorciato da meno 10 a meno 7 trovando una parabola da oltre metà campo e avviando la rimonta della sua squadra). Quando Langford sbagliò il secondo tiro libero a Istanbul mancavano ancora due secondi e mezzo alla sirena, abbastanza tempo per avvicinarsi al canestro, per eseguire un passaggio, insomma per aumentare lievemente le possibilità di fare canestro. Langford aveva ricevuto l’ordine di segnare e portare l’Olimpia sul più tre perché l’Efes non aveva più alcun time-out con il quale avanzare la palla a metà campo. Quindi non c’era motivo per non segnare. Ma normalmente in questo genere di situazioni si può anche decidere di sbagliare, mangiare decimi preziosi sul cronometro e concedere un tiro da tre quarti di campo. Più o meno.
Alla fine della partita Planinic avrebbe provato ad attribuire un senso a quel canestro ricordando di averne realizzato un altro simile in carriera nella NBA solo che era la fine del terzo quarto, non il tiro della vittoria. E disse anche di allenarlo spesso quel tiro. Riguardando il replay l’aspetto più macabro di quel colpo di fortuna è tutto circoscritto nel gesto di Kostas Vasileiadis. Quando Planinic cattura il rimbalzo, lui cerca di catturare l’attenzione del compagno per un passaggio a metà campo e un tiro leggermente meno disperato. Vedendo l’esperto compagno fuggire in palleggio verso l’esterno, verso la propria panchina, completamente preda del panico, Vasileiadis alza le braccia un po’ in segno di resa, un po’ di imprecazione. Ma il tiro di Planinic era già partito. Una sola cosa è impressionante di quel tiro da 27 metri. La forza del giocatore che praticamente senza guardare, con il corpo di traverso riesce ugualmente a produrre un gesto abbastanza violento da indirizzare la palla, velocissima e pesante, verso il canestro quando nella maggior parte dei casi un tiro di quel genere non arriva mai fino al canestro avversario. E mentre tutta la panchina dell’Olimpia stava solo aspettando di festeggiare, il tabellone indirizzò la palla dentro il canestro lasciando tutti ammutoliti, di sasso.
Quello che non ti uccide però ti rende più forte. L’Olimpia è sempre riuscita a non farsi uccidere nella mente e nello spirito dalle avversità. Ha sempre risposto. Se ha avuto qualche volta la colpa di essere la causa dei suoi stessi problemi ha avuto anche sempre la forza di reagire. Pochi giorni dopo vinse nettamente contro Caserta e una settimana dopo giocò una grande gara interna contro il Fenerbahce riducendo il canestro fortunato di Planinic ad un episodio. Curioso, indimenticabile nella sua anomalia, macabro e da raccontare. Ma un episodio. Certo nella notte di Istanbul sarebbe stato impossibile vederlo come qualcosa che non fosse un segno negativo del destino. (15-continua)