BELGRADO – Siamo in una delle capitali del basket europeo. Belgrado e Kaunas sono i posti dove il basket ha un ruolo dominante nella cultura sportiva locale. Belgrado in quanto capitale dell’ex Jugoslavia è stata centrale nell’esplosione del basket slavo avvenuta negli anni 60 sotto la spinta del quadrilatero dei cosiddetti “founding fathers” ovvero Asa Nikolic, Boris Stankovic, Nebojsa Popovic e Radomir Saper, tutti tranne l’ultimo decisivi come allenatori. Nikolic, che ha allenato in Italia a Varese, sulle due sponde di Bologna e infine anche a Pesaro, era il consigliere di Zeljko Obradovic al Partizan quando vinse la sua Eurolega nel 1992 battendo a Istanbul prima della Joventut Badalona proprio l’Olimpia allora allenata da Mike D’Antoni e con Darryl Dawkins e Antonello Riva in campo. I due giocatori di riferimento di quella formazione erano Sasha Danilovic e Sasha Djordjevic. Il primo sarebbe poi approdato a Bologna dove ad allenarlo è stato Ettore Messina. Il secondo sarebbe arrivato a Milano vincendo nel 1993 da playmaker l’ultima coppa europea dell’Olimpia. Ma qui l’Olimpia affronterà la Stella Rossa di cui il padre di Djordjevic è stato allenatore negli anni ‘70. Quando l’Olimpia vinse la sua seconda Coppa delle Coppe nel 1972 in finale dovette battere proprio la Stella Rossa. A quei tempi la finale si giocava in due gare ma la FIBA intervenne e modificò la formula imponendo la gara secca a Salonicco. Successe che nel girone eliminatorio a Belgrado scoppiò una rissa gigantesca che dal campo si spostò sulle tribune diventando quasi un fatto personale tra il guerriero Arthur Kenney e la Polizia locale intenta a fermarlo nel suo inseguimento del velenoso playmaker Moka Slavnic, reo di aver acceso tutto con un calcio al coach di Milano, il grande Cesare Rubini. Dopo quell’episodio si decise che sarebbe stato pericoloso riportare l’Olimpia a Belgrado. Le due squadre per inciso quell’anno vinsero i rispettivi campionati e si affrontarono dodici mesi dopo in Coppa dei Campioni con due vittorie di Milano. Ambedue arrivarono fino alla semifinale perdendola. Ci sono insomma tante storie che collegano l’Olimpia a Belgrado e alla stessa arena nella quale si giocherà stasera, intitolata proprio ad Asa Nikolic ma nota come Pionir. Nel 2023 compirà 50 anni di storia. È stata il primo grande impianto al coperto di Belgrado dove il basket è nato in realtà sugli affascinanti campetti di Kalemegdan, il grande parco cittadino che contiene la Fortezza, all’incrocio dei due fiumi che bagnano la città, il Sava e il Danubio. All’ombra della Fortezza praticamente adiacenti ci sono i playground della Stella Rossa e del Partizan. Il basket serbo è nato qui e non ha mai smarrito le proprie radici. Questa è la città di Danilovic, Djordjevic, Bogdan Bogdanovic, Nemanja Bjelica, Nemanja Nedovic e di tanti giocatori della Stella Rossa attuale che schiera dieci giocatori serbi anche se non tutti sono di Belgrado.

L’ARENA – La partita si gioca alla Asa Nikolic Hall, il vecchio Pionir che ha ospitato gli Europei del 1975 vinti dalla Jugoslavia e tra le altre competizioni anche la finale di Saporta Cup del 1998 che l’Olimpia perse qui contro lo Zalgiris Kaunas. Nella stessa arena si è giocato il Preolimpico del 2021 e su questo parquet l’Italia ha fatto saltare tutti i pronostici battendo nella gara decisiva proprio la favorita Serbia. Dolci ricordi per Nicolò Melli e Pippo Ricci. Qui il tifo è fortissimo. La Stella Rossa ha il fattore campo forse più incisivo d’Europa. I supporters si chiamano Delije, parola serba che significa grosso modo eroi coraggiosi e identifica chiunque tifi Stella Rossa, a prescindere dallo sport. Con la squadra, vincitrice degli ultimi sei titoli serbi, in crescita e reduce dalla vittoria di Atene meglio non farsi illusioni. Al Pionir farà molto caldo.

IL RICORDO – Un anno fa l’Olimpia venne a Belgrado a giocare la terza di quattro gare esterne consecutive. Quel giorno vincendo la partita in modo indiscusso conquistò il diritto matematico di accesso ai playoff di EuroLeague sette anni dopo l’ultima apparizione. L’evento venne celebrato dal gruppo perché rappresentava l’obiettivo stagionale in Europa. La qualificazione alle Final Four avrebbe poi in parte oscurato quel momento. Ma è a Belgrado che l’Olimpia l’anno scorso convalidò tutto il lavoro svolto in quella stagione. Mario Fioretti e Nicolò Melli c’erano anche nel dicembre del 2011 quando l’Olimpia si qualificò per le Top 16 vincendo una sorta di spareggio proprio al Pionir, ma contro il Partizan, soverchiando il tifo locale indemoniato.

TRAVEL NOTES – L’Olimpia si è lasciata dietro una giornata di splendido sole, decollando per Belgrado poco dopo le 16. Prima aveva svolto un mini-allenamento al Mediolanum Forum, tipico mix tra il giorno post-partita, con recupero e terapie, e il giorno prepartita che è solitamente tattico. Sull’aereo sono saliti 13 giocatori. A terra quindi Shields, Mitoglou, Grant e Kell. La squadra è arrivata verso le 18.30 in hotel, praticamente in centro, a tre chilometri da Kalemegdan e a meno di due chilometri dal Pionir. A 400 metri c’è il museo intitolato a Nikola Tesla. Ha cenato alle 20 con la sorpresa di trovare sui monitor televisivi la diretta di Napoli-Trieste, il posticipo del campionato italiano. L’allenamento del giorno gara si è svolto alle 11.30, coerente con quanto avviene di solito, ma con la palla a due alle 19 ovviamente, come sempre in trasferta, costringe ad accelerare un po’ i tempi. La seduta è tutta fatta di tiro, alla ricerca del ritmo. Il Pionir anche vuoto da impressione, con le sue tribune laterali alte e ripide. L’ultimo giocatore della Stella Rossa a lasciare il campo prima che entri l’Olimpia è Nikola Kalinic. Così c’è tempo perché possa salutare Gigi Datome e Nicolò Melli, suoi compagni di squadra al Fenerbahce. Alle 12:15 l’allenamento finisce.

Condividi l’articolo con i tuoi amici e supporta la squadra

Condividi l’articolo con i tuoi amici e supporta la squadra

URL Copied to clipboard! Copia link