BARCELLONA– Con 10 gradi di vantaggio, ma non lo stesso sole (a Milano la comitiva biancorossa ha lasciato, pur con temperature basse, una luce primaverile), l’Olimpia è sbarcata a Barcellona nella serata di ieri. La gara è una classica del basket internazionale, anche se non ha la storia ad esempio di Olimpia-Real Madrid. La gara della scorsa primavera a Colonia, semifinale europea, è stata probabilmente la più importante giocata tra le due squadre dal 1987 quando si affrontarono nella finale della Coppa Intercontinentale, vinta 100-84 dall’Olimpia con Franco Casalini in panchina. Il Barcellona nell’era EuroLeague ha vinto due titoli, nel 2003 e nel 2010, raggiungendo otto volte le Final Four. Ovviamente, è una superpotenza del basket continentale, con la stella Nikola Mirotic, il re degli assist Nick Calathes, Cory Higgins che ha vinto l’EuroLeague con il CSKA nel 2019 assieme a Chacho Rodriguez e Kyle Hines. Il Barcellona è imbattuto in casa in EuroLeague, ha perso due volte in campionato, contro Baskonia e Manresa, ma in generale su questo campo all’interno del recinto enorme del Camp Nou perde davvero poco, quasi mai. La squadra di basket ovviamente è una specie di istituzione: come recita lo slogan societario, il Barcellona è più che un club. Il calcio fa da traino, ma il club è una vera polisportiva che abbraccia oltre al basket il calcio a cinque, l’hockey su pista, la pallamano. E il basket è storicamente al secondo posto gerarchico.
IL RICORDO – Il 1° febbraio 2018 l’Olimpia ha vinto a Barcellona, 83-81, canestro a cinque secondi dalla fine dalla media di Dairis Bertans. Per capire come funzionino le cose, il Barcellona attuale ha un solo giocatore che era in campo quella sera: Pierre Oriola. L’Olimpia anche: Kaleb Tarczewski. Successivamente, l’Olimpia è andata sempre vicina a vincere ma non è riuscita a completare l’opera. Due anni fa la “colpa” fu di Malcolm Delaney che allora giocava nel Barcellona. Lo scorso anno, l’Olimpia dominò a lungo prima di spegnersi nel finale, sorpassata dai blaugrana.
L’ARENA – Il Palau è stato costruito nel 1971 ma poteva ospitare poco più di 5.000 spettatori, adesso ufficialmente sono oltre 7.500. In alto, campeggiano le maglie ritirate non solo nel basket ma anche negli altri sport, calcio escluso. Per il basket, si tratta di quelle di Carlos Jimenez, Nacho Solozabal, Juan Carlos Navarro, Roberto Duenas e Juan Antonio San Epifanio, il mitico Epi. Parte del fascino dell’arena è dato dalla storia, i 50 anni in cui il parquet è stato calcato da grandissimi campioni, dalla conformazione, perfetta per il basket, e infine anche dalla collocazione. Scendendo dal pullman, o arrivando, la prima cosa che si nota è lo stadio, enorme e bellissimo, oltre al costante viavai di persone che anche nei giorni privi di eventi affollano l’area per accedere al museo o fare il tour del Nou Camp. Il Palau invece è un po’ il tempio di tutto quello che qui non è calcio.
TRAVEL NOTES – Dopo l’allenamento del mattino, l’Olimpia ha pranzato nella “food room” della propria “abitazione” prima di raggiungere Malpensa. Il volo doveva decollare alle 16:15, ma si è alzato in volo solo 20 minuti dopo. 13 i giocatori presenti con il debutto di Trey Kell. In venti minuti la squadra è arrivata in hotel, dove ha cenato alle 20 trovando prodotti tipici locali come il polpo gallego o la paella. L’albergo è all’inizio della Rambla, adiacente a Placa de Catalunya. Siamo nel cuore di Barcellona, ma in 15 minuti scarsi si arriva al Camp Nou. La squadra si è allenata alle 11:00. Dopo la seduta, il rientro in hotel e il consueto meeting pre partita, questa volta prima del pranzo, visto che la palla a due è alle 21 e il pomeriggio che attende il gruppo molto lungo.