Mancano 33 giorni al “Celebration Day” del 6 marzo.
La storia dell’Olimpia è straricca di grandi campioni italiani che hanno indossato la maglia biancorossa. Si va dai protagonisti della preistoria come Enrico Castelli e Sergio Paganella a quelli un po’ meno antichi come Romeo Romanutti o Sandro Gamba, come Ricky Pagani o Sergio Stefanini che era brasiliano da parte di madre ma venezianoda parte di padre, in questo paragonabile al grande Nane Vianello. E poi ci sono stati i grandi triestini: dopo Romanutti e ovviamente Cesare Rubini, è arrivato Gianfranco Pieri, primo playmaker moderno, poi Giulio Iellini, il prototipo della combo-guard venti anni prima che la definizione diventasse di uso comune. Sandro Riminucci è stato il migliore dei pesaresi che negli anni hanno esibito il Ragno Franco Bertini e di recente Daniel Hackett e Andrea Cinciarini. Massimo Masini è stato uno dei grandi toscani ma non ce ne sono stati molti (Max Aldi). Pino Brumatti invece ha lasciato a Roberto Premier il testimone della razza goriziana. Renzo Bariviera era un trevigiano che arrivò a Milano da Padova. poi sono esplosi i milanesi prodotti del vivaio come Paolo Bianchi, come Franco e Dino Boselli come Vittorio Gallinari e in seguito Flavio Portaluppi e Riccardo Pittis. In epoche recenti hanno lasciato il segno Alessandro Gentile, casertano ma in realtà cittadino del mondo (e prima di lui ovviamente il padre Nando), dopo Danilo Gallinari, milanese ma senza apparizioni nel vivaio Olimpia fino a Stefano Mancinelli, abruzzese arrivato da Bologna, o Nicolò Melli, reggiano come Piero Montecchi.
Nella foto una festa della Tracer molto “italiana”. Si notano da sinistra Fausto Bargna, Mario Governa, Dino Meneghin, Roberto Premier