Giovedi 13 ottobre alle 20 al Mediolanum Forum comincia la nuova stagione di EuroLeague. Di scena a Milano una rivale storica, il Maccabi Tel Aviv. Proseguiamo oggi il percorso che ci porterà nell’immediata vigilia. Qui per acquistare i biglietti.
Nel settembre-ottobre 2015 Olimpia e Maccabi sono state le prime squadre europee ad andare in America e giocare una – anzi due – partite di EuroLeague in arene NBA. E non due arene qualsiasi ma lo United Center di Chicago, la casa “costruita” da Michael Jordan e il Madison Square Garden, l’impianto sportivo più famoso del mondo. Sulla carta erano due amichevoli, nella realtà sono state interpretate con la determinazione e serietà di chi vuole vincere. Non esistono amichevoli quando vai a giocare in queste arene e quando affronti il Maccabi. O l’Olimpia, vista dalla parte opposta della barricata. Maccabi e Olimpia hanno vinto una gara per parte, l’Olimpia si è tolta la soddisfazione di vincere al Garden davanti a 10.000 spettatori. Il bello è stato tutto il resto.
Lo United Center innanzitutto: entrare e trovarsi il logo dell’Olimpia dappertutto fa una certa impressione. Come calcare il parquet con il Toro gigante in mezzo o posare davanti alla statua di Michael Jordan, The Spirit, che pure è stata ricollocata in una zona attualmente quasi off limits per lavori in corso. Camminare nei corridoi degli spogliatoi davanti ai murales dei grandi campioni dei Bulls, non solo Jordan o Scottie Pippen ma anche Jerry Sloan, Bob Love o Artis Gilmore. A Chicago, l’Olimpia ha scoperto una comunità italiana magari piccola ma felice di ospitarla: l’exhibit aperto alla Hall of Fame dello sport americano, la cena organizzata da Eataly-Chicago per dare il benvenuto alla squadra nella città del vento.
Il Madison Square Garden poi: ha quasi trent’anni di vita in più dello United Center ma è stato rifatto tre volte, l’ultima di recente, è grande uguale ma più elegante, con le poltroncine blu dopo anni di granata. Gli skybox a livello medio, non più in cielo. Il logo dei Knicks al centro del campo e tutto perfettamente lucido. La sosta a New York è stata breve, piovosa, ma intensa. L’allenamento al NYAC, una sorta di tempio dello sport olimpico newyorkese con 248 medaglie olimpiche conquistate nella storia dai suoi membri che includevano il più grande discobolo della storia, Al Oerter, e il più grande lottatore americano, Bruce Baumgartner. Passeggiare lungo la settima avenue, davanti all’entrata del Garden e trovarci l’immagine di Alessandro Gentile non ha prezzo. E’ una cosa che resterà dentro per sempre. Come la possibilità di dimostrare che l’Olimpia è una famiglia e la famiglia non dimentica mai i propri figli: Kiwi Garris e Ken Barlow, Mason Rocca e Arthur Kenney, Albert King e Bill Bradley che non poteva esserci perché la sua storia fuori del campo lo impegna anche a oltre 70 anni tutti i giorni e ha mandato Hawthorne Wingo, che giocava con lui nei Knicks del 1973. Vinsero insieme un titolo NBA, dopo Wingo venne in Italia.
Per l’Olimpia è stata un’opportunità di testarsi con organizzazioni al top come il Garden di New York, di conoscersi con gli antichi rivali rispettati del Maccabi. E da questo punto di vista non è stato solo un viaggio in America. E’ stato un viaggio dentro la storia.