Ci sono giorni che capitano una volta nella vita. Per Milan Macvan, il ragazzo di Vukovar, e per Miroslav Raduljica, è uno di quei giorni. E’ quel giorno. Stasera, alle 20.45 italiane, insolito orario delle 15.45 locali, giocheranno per la medaglia d’oro olimpica. L’impresa è proibitiva: gli Stati Uniti sono imbattuti in queste Olimpiadi e lo sono dalla finale per il terzo posto ai Giochi del 2004 di Atene. In mezzo hanno conquistato due ori olimpici e due titoli mondiali. L’ultimo nel 2014 proprio contro la Serbia in finale. Ma è una partita secca che la Serbia può giocare leggera perché il suo obiettivo “massimo”, l’argento, è già stato ottenuto. Comunque vada i ragazzi serbi hanno ottenuto un risultato storico. Ora proveranno ad andare oltre i loro limiti. Solo tre nazionali hanno vinto un oro olimpico oltre quella americana e due di quelle tre non esistono più. La Yugoslavia del 1980 – Olimpiadi boicottate dagli americani – comprendeva i giocatori croati e delle altre repubbliche, alcuni dei quali erano stati decisivi come Kresimir Cosic, un croato. L’Unione Sovietica del 1972 e quella del 1988 a Seul comprendevano giocatori russi, baltici, ucraini eccetera. Solo l’Argentina del 2004 esiste ancora.
Milan Macvan gioca quindi la partita della vita. Vi è arrivato nel bel mezzo di una carriera particolare: l’affermazione precoce a livello giovanile, l’esplosione a Zeleznik poi Vrsac, grandi scuole ma non i classici grandi club serbi. E’ stato scelto da Cleveland, è stato “Rising Star” di Eurocup, ha giocato una finale di EuroLeague a 21 anni di età, quando aveva già fatto il grande salto di qualità, passando dal suo paese ad uno dei più grandi club del basket mondiale, il Maccabi Tel Aviv. Ma a quel punto non c’è stato il passaggio decisivo: è tornato in Serbia, al Partizan, è passato al Galatasaray, poi di nuovo il Partizan. Per questo un anno fa arrivando a Milano disse che “questa squadra arriva esattamente al momento giusto della mia carriera. Le nostre ambizioni coincidono”. Un anno e due trofei dopo, si gioca l’oro olimpico, gioca la partita che non dimenticherà mai, comunque vada a finire.
La Serbia non prenderà gli americani “nel sonno”. Nel turno preliminare era andata sotto di 18, era stata asfaltata. Poi gli USA si sono rilassati, forse addormentati ed è tornata pericolosa fino a fargli paura. Bogdan Bogdanovic ha avuto, lui che è un tiratore, la tripla del pareggio, sbagliandola. La chiave sarà tenere a rimbalzo dove DeAndre Jordan, mediocre attaccante, disastroso dalla lunetta, è in grande ritmo da quando si è appropriato del ruolo di titolare. Nella semifinale con la Spagna ha catturato 16 rimbalzi e distribuito quattro stoppate. Lui è uno dei migliori difensori del mondo e nell’ultimo anno è stato primo quintetto All-NBA: miglior centro della Lega. Miroslav Raduljica avrà il suo lavoro da fare. “Rispetto all’età ha giocato poco in carriera, quindi ha fame”, dice Jasmin Repesa che l’ha voluto a Milano. Nella Serbia lo allena Sasha Djordjevic, grande ex dell’Olimpia che l’ha voluto al Panathinaikos l’anno passato, la stagione che lo stesso Raduljica ha definito “la migliore della mia carriera: sono stato molto più continuo, affidabile”. Contro la front-line americana andrà a battagliare insieme a Nikola Jokic, terzo nella classifica dei rookie nell’ultima stagione NBA, a Denver. Macvan invece avrà un ruolo da definire: contro l’Australia è partito in quintetto ma gli USA utilizzano da ala forte Carmelo Anthony che è un giocatore perimetrale. Sarà la prima scelta tattica di Djordjevic.
Raduljica ha giocato nella NBA ma non ha trovato spazio. E’ andato in Cina, lega dove pagano molto ma non sempre appaga lo spirito agonistico dei giocatori. Al Panathinaikos ha ritrovato sé stesso. Milano potrebbe essere la sua casa. In Nazionale è protagonista da un paio di anni almeno. In queste Olimpiadi, è stato spaventoso per continuità, rendimento in rapporto ai minuti giocati. Ha un look imponente, la barba che fa molto “cool”, tanti tatuaggi, ma chi lo conosce parla di ragazzone dal cuore d’oro, impegnato nel sociale e non solo sui “social”. Un gigante buono.
Raduljica aveva pronosticato di passaggio a Milano che la Serbia avrebbe fatto una grande Olimpiade. Aveva i dati dalla sua parte: il secondo posto mondiale, un’eliminazione nella semifinale europea che era sembrata casuale contro un’ispirata, meritevolissima, Lituania. Nel Preolimpico di Belgrado, la Serbia ha passeggiato. “Per come stiamo giocando, è giusto avere grandi aspettative”, dsse Raduljica prima di partire per Rio. Dove è stato uno dei migliori centri della competizione. La Serbia non ha vinto tanto dall’inizio ma ha vinto quando contava. E nella semifinale con l’Australia ha portato la propria difesa ad un altro livello.
Macvan non aveva giocato gli Europei un anno fa e non era riuscito a giocare il Preolimpico per colpa di un incidente domestico al piede, appena rientrato a casa dopo la festa scudetto. Ma la Serbia non ha ali forti di ruolo tipo Macvan: certo, non è atletico, ma capisce il gioco, è intelligente tatticamente, sa segnare in fade-away, è insidioso da fuori, difende di mestiere. Ed è un leader emotivo. Djordjevic l’ha voluto per le Olimpiadi ed è stato ripagato perché il suo rendimento è cresciuto con il passare dei giorni e contro l’Australia ha giocato la partita migliore. E’ un ragazzo d’oro, Macvan, è bello che giochi questa partita e torni a Milano, la prossima settimana, con una medaglia al collo.
Appuntamento alle 20.45 per Macvan e Raduljica, un pezzo di Olimpia nella finale delle Olimpiadi.