Mancano 69 giorni al “Celebration Day” del 6 marzo.
Adesso ci sono tante Hall of Fame. C’è quella del basket italiano e quella della Fiba. Anche l’Olimpia ha la sua Hall of Fame. Ma per decenni è esistita una sola Hall of Fame, l’originale. E’ a Springfield, nel Massachussets, il luogo in cui nel 1896 il professore canadese James Naismith inventò la pallacanestro. Ogni anno a settembre c’è la cerimonia di inclusione dei nuovi eletti. Il numero dei “Grandi Eletti” aumenta ogni anno. Ma nessun club al di fuori degli Stati Uniti può vantare cinque rappresentanti come l’Olimpia.
Cesare Rubini è dentro come allenatore ma ha vinto tanto anche da giocatore e poi da manager della Nazionale italiana che con lui ha vinto un Europeo (1983) e un argento olimpico (1980). Rubini è stato un precursore nello stile, un allenatore capace di individuare il talento (l’Olimpia per anni ha rastrellato giovani in tutta Italia praticamente senza sbagliare un colpo) e di motivare. In più è stato il primo coach italiano a vincere in campo internazionale. (Qui la biografia di Rubini sul sito della Hall of Fame)
Sandro Gamba ha costruito gran parte del suo successo con la Nazionale e con Varese come allenatore ma non c’è nessuno al mondo che possa essere identificato più di lui nell’Olimpia: ha cominciato a giocare all’Olimpia praticamente nel 1945 e da giocatore ha vinto 10 scudetti, gli ultimi da Capitano. Quando ha smesso di giocare è diventato il braccio armato di Rubini (Gamba alla Hall of Fame). Anche Dino Meneghin deve la sua inclusione nella Hall of Fame a Varese e Nazionale ma è all’Olimpia che ha portato il concetto di longevità ad una nuova dimensione vincendo altre due Coppe dei Campioni e cinque scudetti da protagonista. Quando si viene eletti nella Hall of Fame la cermonia prevede che un membro della Hall of Fame già eletto introduca il nuovo membro. Meneghin scelse Bob McAdoo: “Ho fatto un Grande Slam in Europa, che significa vincere tutti i trofei di una stagione, so quanto è dura riuscirci. Lui l’ha fatto tre volte. E’ stato il più grande giocatore italiano della storia e se chiedete ad un allenatore europeo come cominciare una squadra molti sceglierebbero lui – ha detto McAdoo nella cerimonia che potete vedere qui – Lo ricordo per l’incredibile intensità con la quale si allenava”.
Poi ci sono gli americani che devono la loro inclusione ad altre imprese ma nondimeno sono legati all’Olimpia: Bob McAdoo è stato capocannoniere della NBA, Mvp della stagione e ha vinto due titoli con i Lakers eppure ha prolungato la sua carriera vincendo tutto in Europa a Milano (due Coppe dei Campioni: qui la sua introduzione); Bill Bradley ha giocato a Milano pochissimo ma ha lasciato un segno indelebile portando il Simmenthal alla Coppa dei Campioni del 1966 da straniero di coppa. Dopo è entrato nella storia con i New York Knicks che hanno tra l’altro ritirato la sua maglia numero 24. Bradley è nella Hall of Fame dal 1983: qui potete vedere la sua cerimonia.
Nella foto Dino Meneghin: “Le statistiche non hanno mai significato nulla per me, ho sempre e solo giocato per vincere”, ha detto nel discorso di ingresso nella Hall of Fame.
HISTORY LESSON by COACH DAN PETERSON
Nel 1941-42, il Borletti Milano sempre allenato da Valli chiuse 11-9 (+ un pareggio), record valido per il 5° posto. Lo scudetto va alla Reyer Venezia. C’erano alcuni giocatori dall’anno precedente, quindi l’impatto della guerra non aveva, ancora, distrutto le squadre della Serie A. Ma qualche effetto ci fu lo stesso e qualche buon giocatore all’improvviso apparve nel roster della Mussolini Roma, che chiuse al secondo posto il campionato.