Quattro quinti dello starting five del Grande Slam del 1987 più Bill Bradley, la grande superstar che giocò nell’Olimpia nel 1965/66 vincendo la Coppa dei Campioni. Questo è il quintetto ideale (tra chi ha giocato nell’Olimpia prima del 1990) scelto dai tifosi del club attraverso i sondaggi che ruolo per ruolo hanno preceduto la celebrazione del 6 marzo. Il quintetto dunque è composto da Mike D’Antoni, Roberto Premier, Bill Bradley, Bob McAdoo e Dino Meneghin. Tre di questi cinque giocatori sono nella Hall of Fame di Springfield, il quarto ha avuto la sua maglia ritirata sia a Milano che all’università di Marshall, il quinto è Premier.

MIKE D’ANTONI – La storia dell’Olimpia è tempestata di playmaker che hanno fatto epoca. Fin dalla sua fondazione in questo ruolo abbiamo avuto fuoriclasse assoluti come Ricky Pagani. Poi c’è stato Gianfranco Pieri, il primo playmaker moderno del basket italiano, quindi Giulio Iellini, estro, creatività, fantasia, non un regista classico ma una combo-guard moderna anche lui. Ma D’Antoni ha spazzato via tutti, riscritto il libro dei record di società, guidato il periodo migliore dal punto di vista internazionale della storia del club. La sua scelta non fa una piega.

ROBERTO PREMIER – Nell’Olimpia di oggi probabilmente giocherebbe da ala piccola, ma a quei tempi il basket era più fisico e dotato di chili e centimetri mentre oggi conta di più la velocità. Ma Premier oggi giocherebbe in un basket in cui il tiro da tre è enfatizzato non esplorato come ai suoi tempi. Pupi è il secondo realizzatore di sempre dell’Olimpia e ha vinto quanto D’Antoni. Scelta legittima anche se favorita dalla vicinanza cronologica con i votanti. Sandro Riminucci, guardia della squadra del 1966, uno capace di segnare 77 punti in una partita, atletico come una guardia di oggi poteva essere a sua volta una scelta legittima.

BILL BRADLEY – E’ l’unico che non ha giocato nell’Olimpia degli anni ’80. Aveva tiro, visione di gioco, genio cestistico e difesa. “Andammo a trovarlo a Budapest alle Universiadi e stilò un elenco di cose che voleva per venire da noi. Lo pagammo 2000 dollari a partita più le spese per raggiungerci da Londra dove studiava”, ricordava Rubini in un vecchia intervista. Bradley era un giocatore part-time a quei tempi, non era in grande forma, si allenava poco con la squadra, solo prima delle partite di Coppa, ma era tecnicamente di un altro pianeta. Però in quel ruolo c’erano tanti candidati credibili tra cui anche un compagno di squadra di Bradley, il bomber veneziano Gabriele Vianello, top scorer della squadra del 1966. Era mancino, giocava al rallentatore, come Dejan Bodiroga, ma arrivava sempre dove voleva lui. Un attaccante terrificante.

BOB McADOO – Nessuno ha segnato di più per partita giocata di Bob McAdoo. In quattro anni ha vinto sei trofei inclusa la Coppa Intercontinentale. Per molti è stato il più grande americano mai visto in Europa per rendimento. Arrivò a fine carriera e se ne costruì un’altra. Di sicuro nessuno tra i 35 e i 38 anni ha giocato  così alto livello in Europa, rendendo ovviamente senza significato il confronto con qualsiasi altro campione. Non solo dell’Olimpia.

DINO MENEGHIN – Una scelta scontata a prima vista perché parliamo di un giocatore che ha vinto tutto a Milano e l’ha fatto per un decennio adattandosi incredibilmente ad ogni tipo di esigenza di squadra e diventando il miglior rimbalzista di sempre della squadra. Però per occupare questa posizione è stato preferito a Massimo Masini, che lui stesso riconosce come avversario tremendo, e soprattutto tanti americani che hanno fatto epoca, prima di tutti John Gianelli, il miglior difensore della squadra secondo Coach Dan Peterson, e Joe Barry Carroll che però giocò un solo anno. Anche se forse nessuno giocò bene come lui in una singola stagione.

IL SECONDO QUINTETTO

GIULIO IELLINI – Ha giocato nel Simmenthal coprendo le spalle a Pieri nella squadra del 1966 e poi guidando la sua squadra nella prima metà degli anni ’70.

PINO BRUMATTI – Il grande “Pinot” isontino che aveva conquistato tutti con tiro, personalità e generosità a Milano. Avrebbe fatto epoca se fosse rimasto più a lungo.

RUSS SCHOENE – Ha fatto discutere l’inclusione di Russ Schoene tra le ali piccolo ma questo è il ruolo in cui ha giocato nella squadra del 1985 che vinse scudetto e Coppa Korac con Meneghin e Carroll.

ARTHUR KENNEY – Il giocatore più duro della storia, l’unico che non arretrava di un centimetro nemmeno davanti a Meneghin quando questi giocava a Varese. Con lui, Iellini e Brumatti ci sono tre quinti del quintetto del Simmenthal 1971/1973.

JOE BARRY CARROLL – Ha prodotto la singola stagione più impressionante nella storia del basket italiano ma non è una sorpresa perché era nel pieno della carriera e stava segnando oltre venti di media nella NBA.

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