Ecco la seconda parte dell’intervista realizzata con Andrew Goudelock durante la sua permanenza a Milano per le visite mediche. Qui la prima parte.
Come ha cominciato a giocare – “Crescendo sono stato anche un giocatore di football ma tutti nella mia famiglia hanno giocato a basket. Quando ci trovavamo tutti assieme, giocare a basket è quello che facevamo. È quasi una seconda natura per me. Mio padre ha giocato e crescendo mi hanno sempre raccontato di quanto fosse forte. Ho sempre giocato, sono stato esposto al basket fin da molto piccolo”.
L’esperienza al College of Charleston – “L’esperienza al college di Charleston è stata importante, sono stati quattro anni fondamentali per me come giocatore e come persona. Sono grato a Bobby Cremins: giocare a Charleston mi ha dato la possibilità di espandere il mio gioco, di far vedere tutto il mio potenziale. Non vengo da una grande scuola come tanti giocatori di alto livello ma per me è stata un’esperienza formativa super. Tornassi indietro non farei nulla di diverso”.
Il rapporto con Kobe Bryant – “Intanto voglio dire che essere scelto nei draft NBA è stata una sorpresa. Chi viene dal mio college normalmente non viene scelto e al massimo va a giocare all’estero. Questo mi dicevano. Con Kobe Bryant ho avuto un rapporto subito buono: lui ha cominciato ad apprezzarmi subito, vedendo il mio istinto di realizzatore ma soprattutto quanto ero competitivo in allenamento. In pratica è stato lui a tirare fuori la storia del Mini-Mamba. Ha cercato di aiutarmi con consigli ma che soprattutto sarebbe stata una questione di mentalità, più che tecnica o fisica. È stata la sua lezione più grande”.
Il soprannome Mini-Mamba – “Dopo una partita giocata bene ho fatto diverse interviste in campo, poi in spogliatoio tutti dicevano a Kobe che dovevo tirare e giocare come un Mini-Mamba. Ho chiesto di cosa stessero parlando e Kobe mi ha detto che lo sapevo di cosa stavano parlando, che era vero, che dovevo tirare di più. C’erano anche Matt Barnes e Luke Walton. È stato lui, Walton, in realtà a pronunciare Mini-Mamba per primo poi Bryant ha cominciato a usarlo. Tutti attorno ridevano. È cominciata così”.
L’esplosione nei playoffs NBA 2013 – “Ero stato tutto l’anno in D-League, uno degli ultimi ad essere chiamato per i playoffs. Siamo stati spazzati dagli Spurs ma per me è stata una bella esperienza. Poi ho giocato bene anche le summer league e mi aspettavo di restare ma forse non era la mia strada. Tutti crescono sognando di giocare nella NBA ed essere grandi star ma ad un certo punto capisci quale sia il tuo cammino. E questo è il mio”.
Kazan – “Faceva così freddo che npn potevo pensare ad altro che lavorare, migliorare e vincere. Ed è quello che ho fatto in una delle migliori squadre in cui abbia giocato. Trinchieri è stato un allenatore molto importante per me, mi ha dato la fiducia di poter fare tante cose sul campo e l’ho sfruttata”.
Fenerbahce – “Ho avuto la possibilità di essere allenato da un coach come Obradovic, il migliore di sempre in Europa. Mi ha insegnato tantissimo, il modo in cui allena, in cui pensa, in cui fraziona il gioco nei dettagli: è quasi una scienza. Lui analizza ogni cosa che fai, ogni tuo movimento o i movimenti di altri giocatori. È sempre due o tre passi avanti. Abbiamo giocato le prime Final Four nella storia del club. È stata una grande stagione, tutto quello che potevamo fare l’abbiamo ottenuto. Ho avuto la sensazione che fossero tre stagioni in una”.