Gigi Datome ha partecipato con Ettore Messina alla seconda giornata del Festival dello Sport organizzato dalla Gazzetta dello Sport a Milano. Ecco una sintesi del suo intervento.
Su Milano – “La scelta è stata facile perché vedevo la possibilità di restare a giocare ad alto livello e farlo in Italia era qualcosa che mi mancava. La città la conoscevo poco, ci ero sempre stato di passaggio, ma tutti me ne parlano bene, ora la sto scoprendo, ricevo tanti buoni consigli. Tutto questo rappresenta un valore aggiunto”.
Su Coach Ettore Messina – “I miei primi ricordi di Ettore Messina sono stati da spettatore. Lui era un punto di riferimento per tutti in Italia, ed è stato bello essere allenato da lui sia in Nazionale che ora a Milano. Siamo protagonisti di un progetto stimolante. Non è diverso da com’è in Nazionale, è lo stesso allenatore. La differenza è che in azzurro tutto è concentrato in poco tempo”.
La scelta di lasciare l’Italia – “Qui c’è una passione spesso bella che qualche volta crea episodi brutti. Di sicuro possiamo fare meglio. Ma io ero andato via perché avevo un’offerta da Detroit cui non potevo dire no. Adesso, sono felice di aver fatto quella scelta e ancora di più di quello che ho fatto dopo a Boston. In seguito, Istanbul mi ha dato la possibilità di giocare in EuroLeague ad altissimo livello. Tutte queste scelte si sono rivelate giuste”.
L’esperienza NBA – “Della NBA, di come è dall’interno, avevo sentito parlare tanto dagli altri italiani ma io sono arrivato da free agent, non avevo il loro status, quello di prima scelta. Speravo fosse più facile, ma per due anni ho cercato di essere pronto per dimostrare qualcosa, di poter stare lì. Non voglio fare il genio incompreso, se fossi stato più bravo avrei giocato di più a Detroit, mi è dispiaciuto non esserci arrivato in salute perché avevo forzato il recupero da un infortunio per la nazionale. Ma è stata un’esperienza fortificante che mi porto dietro e i due mesi di Boston sono stati piacevoli”.
Il ritorno in Europa – “Giocare l’EuroLeague da protagonista era meglio che fare panchina in una squadra magari con poche ambizioni. Poi onestamente, ho capito che non dipendeva del tutto da me. Alla fine anche la scelta di andare al Fenerbahce è stata facile. E ho ricevuto molto più di quanto mi aspettassi”.
La storia dell’Olimpia – “L’Olimpia e il nome Armani ti ricordano ogni giorno che fai parte di qualcosa che è molto più grande di te, è un bagno di umiltà quotidiano, senti di rappresentare qualcosa di importante”.
La Supercoppa – “Il significato è stato quello di iniziare questa stagione con il piede giusto. La Supercoppa vale poco soprattutto per chi non la vince. Di tutti i nostri obiettivi era il meno importante, ma era un obiettivo e la vittoria me la sono goduta com’è giusto che fosse”.
Il campionato italiano – “Non ho visto tutto le squadre ma chi gioca contro di noi non ha pressione e si prepara per giorni per batterti. La passione è in stand-by a causa degli spalti vuoti, ma vedo voglia di crescere, è un movimento che vuole crescere, spero ci sia la possibilità di supportarlo”.
La differenza con la NBA – “Soprattutto la velocità, l’atletismo e la rapidità di esecuzione”.
L’EuroLeague – “Prima di tutto dobbiamo dimostrare di poter competere e pensare solo ai playoff come ad un traguardo realistico. E’ una competizione in cui serve tutto, fisicità, salute, fortuna, roster lunghi, ovviamente buoni giocatori”.