Berlino è una città che fa venire in mente tantissime cose: è la capitale della Germania, una città che ha avuto un ruolo storico, con il muro, la separazione tra est e ovest che ancora oggi, con il muro abbattuto, i cui resti sono diventati parte simbolo e parte museo, identifica la città. Anche nello sport Berlino è importante: ha ospitato le Olimpiadi del 1936 che per tanti motivi sono state un’edizione storica per il ruolo politico che ebbero e anche i significati sociali, testimoniati dalle grandi imprese sulla pista e sulla pedana del salto in lungo del grande Jesse Owens. Per noi italiani lo è ancora di più: ha ospitato la finale della Coppa del Mondo di calcio del 2006, quella vinta dall’Italia dei vari Totti, Del Piero, Buffon, Cannavaro.

Non sembrerebbe necessariamente una città riconducibile al basket, invece lo è. Alle Olimpiadi del 1936 a Berlino, il basket debuttò sul palcoscenico mondiale. Da quel momento, per il nostro sport nulla è stato come prima. Il basket aveva debuttato come sport dimostrativo ai Giochi di St. Louis del 1904. Ma nel 1936 diventò uno sport olimpico a pieno titolo. Nella storia del basket, c’è l’epoca primitiva precedente i Giochi del 1936 e un’epoca moderna, che è cominciata appunto nell’agosto del 1936. L’aspetto curioso è che già allora si tentava di giocare al chiuso e sul legno. Ma il CIO fece pressioni perché il basket fosse interpretato come uno sport all’aperto. Per questo il primo torneo olimpico si giocò sui campi da tennis in erba del Reich Field, attorno allo Stadio Olimpico che – ovviamente ricostruito – c’è ancora.

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Il basket era più avanti nel Nord America piuttosto che in Europa. Gli Stati Uniti vinsero la medaglia d’oro con una squadra inviata dagli Universal Studios di Los Angeles: avevano una squadra di basket aziendale che promuoveva l’uscita dei film nelle sale. Quella squadra andò a Berlino e vinse la medaglia d’oro. Uno dei giocatori di riferimento era Frank Lubin. Aveva origini lituane e proprio a Berlino venne reclutato dalla federazione lituana. Si trasferì a Kaunas, reclutò giocatori americani di origini lituane e li portò al successo un anno dopo agli Europei del 1937 e ancora nel 1939 quando era sia allenatore che giocatore. Si chiamava Lubin in America, Lubinas in Lituania. È considerato il padre fondatore del basket lituano. Ma durante la Guerra Mondiale dovette fuggire e tornare in California per evitare di rimanere intrappolata nella morsa d’oltre cortina.

La Colonna della Vittoria a Berlino è alta 67 metri

A Berlino c’era anche la Nazionale italiana: arrivò sesta, eliminata nei quarti di finale dal Messico, dopo aver eliminato a sua volta il Cile. Perse con le Filippine la finalina per il quinto posto. Di quella squadra allenata da Decio Scuri e Guido Graziani (quest’ultimo era un professore che aveva studiato e poi lavorato all’università del Niagara: gli viene riconosciuto un ruolo chiave nell’importazione del basket in Italia), facevano parte tre giocatori dell’Olimpia che aveva appena vinto il primo scudetto. Sergio Paganella segnò 41 punti nel torneo, 10.2 di media nelle partite giocate, il primo degli azzurri, uno dei migliori in assoluto. Gli altri due erano Enrico Castelli, il capitano di quel Borletti, ed Enrico Giassetti. A questi va riconosciuto un altro ruolo storico: infatti, triestino, aveva già vinto lo scudetto due volte con la leggendaria Ginnastica Triestina, e divenne di fatto, in qualche modo, il primo colpo di mercato nella storia del club. Venne a Milano a lavorare al Borletti e rese la squadra fortissima.

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L’Alba Berlino a sua volta considera Milano un posto speciale, perché nel 1995 proprio contro l’Olimpia vinse la Coppa Korac, primo successo di una squadra tedesca a livello internazionale. Proprio ad Assago, l’Alba – allenata da Svetislav Pesic – riuscì a chiudere la gara in parità, 87-87, trasformando la gara di ritorno a Berlino in una finale secca. Vinsero i tedeschi 85-79 trascinati da Teo Alibegovic e Sasa Obradovic, che vanificarono i 29 punti di Nando Gentile. La terza stella dell’Alba è Henrick Rodl cui il club ha ritirato la maglia numero 4. L’altra maglia ritirata dall’Alba è quella di Wendell Alexis, che era in campo nel 1989 con la Libertas Livorno quando l’Olimpia vinse lo scudetto in Toscana.

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