Il ventisettesimo scudetto nell’anno dell’80° anniversario dalla fondazione ufficiale del club è stato un capolavoro di adattamento. Adattamento ad un roster cambiato – infine – per 14 sedicesimi, ad un allenatore nuovo che ha dovuto a sua volta adattarsi e viceversa ad uno staff che non era il suo. Adattamento ad una formazione modificata a raffica dai tanti infortuni e infine agli innesti avvenuti a stagione in corso, da Rakim Sanders a Mantas Kalnietis arrivando a Esteban Batista, ovvero tre quinti dello “starting lineup” di fine playoffs. Con il giocatore più significativo, Alessandro Gentile, anello di congiunzione con il passato, logorato da tre infortuni muscolari e la frattura della mano destra, episodi che hanno ritardato lo sviluppo della squadra, il consolidamento delle gerarchie. Tant’è che la squadra si è riconosciuta in momenti diversi in punti di riferimento differenti: Alessandro Gentile, Kruno Simon, poi Rakim Sanders nei playoffs.
LE ORIGINI – L’Olimpia di questa stagione è nata sulle ceneri dell’eliminazione in gara 7 della semifinale dell’anno passato. Macabramente firmata da Rakim Sanders, allora a Sassari. Alessandro Gentile, reduce dal miglior sprazzo di basket della sua vita, eroico nel riportare l’Olimpia da 1-3 a nove secondi dalla finale, decise che sarebbe rimasto per riprendersi lo scudetto. Accanto a lui una squadra concepita in modo diverso, con Jasmin Repesa e la sua esperienza, il suo basket da “platoon system”, a importare concetti poco vicini allo “star system” e molto più di concezione europea. Si è detto che era un’Olimpia con poco talento, confondendo la creatività di giocatori di alcune stagioni passate – esempi classici: Keith Langford e poi MarShon Brooks – con il talento tecnico che può essere espresso in modo più tradizionale (Kruno Simon) o talento atletico sprigionato con balzi feroci (Rakim Sanders). Così com’è discutibile che le vittorie dell’Olimpia siano state il frutto delle individualità – apparente controsenso con il concetto di poco talento, se non ne hai molto come puoi vincere grazie a quello? -: l’Olimpia ha vinto bene quando ha fatto muovere la palla, ha corso in contropiede grazie ai rimbalzi e alla difesa aggressiva. Le tre gare di Coppa Italia e le quattro partite vinte nella serie finale sono state le migliori e sono arrivate con tanti uomini in doppia cifra, percentuali alte, un gioco totale alimentato di rimbalzi.
IL CAPITANO – Alessandro Gentile era il capocannoniere di Eurolega quando ebbe il primo infortunio. Segnava oltre 20 punti a partita. Stava cavalcando la scia degli Europei giocati ad altissimo livello. Poi sono arrivati in sequenza gli infortuni che hanno distrutto la sua stagione in termini di continuità. Si è ripreso ogni volta prima del previsto e rapidamente. Ma poi è successo qualcosa: a Capo d’Orlando si è rotto la mano. L’infortunio avrebbe potuto abbattere moralmente chiunque. Anche Gentile… per una sera. La prima diagnosi era stata quasi una condanna a morte: si parlava di rientro per metà della semifinale. Ma Gentile ha bruciato le tappe, ignorato il dolore, combattuto contro una mano offesa ed è rientrato per la prima partita dei playoffs. Qui giova ricordare che è stato lui a chiudere la serie con Trento, è stato lui a incanalare sui bianri giusti almeno le tre vittorie milanesi della finale. Alla fine ha mantenuto la promessa: riportare lo scudetto a Milano.
GLI INFORTUNI – Molti sono stati dimenticati dal tempo: ci sono stati i quattro infortuni di Gentile, il menisco di Oliver Lafayette in fase di preparazione con la Nazionale croata, la mano rotta di Milan Macvan, la tracheite di Kruno Simon nel momento migliore, quando l’Olimpia venne eliminata dall’Eurocup, c’è stata la spalla rotta di Robbie Hummel, un giocatore chiave tatticamente della squadra la cui stagione è finita anzitempo, il menisco di Bruno Cerella in Coppa Italia, il recupero di Rakim Sanders avvenuto solo a fine gennaio. Infine, Andrea Cinciarini. Il playmaker pesarese si è preso lo scudetto che aveva solo sfiorato a Reggio Emilia. Si era adattato ad un ruolo meno dominante di quello che aveva ovviamente nella sua squadra precedente con qualche fatica ma lavorando duramente aveva acquisito verso gennaio-febbraio una sicurezza al tiro mi vista. In Coppa Italia era stato molto vicino a meritre il trofeo di MVP. Poi si è infortunato, mettendo in difficoltà la squadra nel quarto di Eurocup con Trento, ha recuperato solo per la fine della regular seasone si è infortunato una seconda volta. E’ rientrato nella seconda metà della serie con Venezia, consapevole di non essere in forma, di essere fuori dai meccanismi e desideroso solo di aiutare. Per sostenerlo, Coach Repesa l’ha reinserito in quintetto da gara 3. Cinciarini ha strappato uno scudetto meritato immolandosi alle esigenze della squadra, da vero leader, da combattente umile. E a proposito di infortuni, visto che molto è stato detto in proposito, l’Olimpia nei playoffs ha recuperato i giocatori che erano rotti e ha finito la stagione senz intoppi ulteriori. Segno che il lavoro svolto prima della post-season, anche criticato, coordinato da Giustino Danesi – il più scudettato membro dell’Olimpia, questo è il quinto tricolore ed è imbattuto in finale scudetto.
LA NOTTE DI BERLINO – Il “segreto” l’ha svelato il Presidente Livio Proli a Reggio Emilia. L’ha definita una sterzata. E’ stato proprio così: l’Olimpia aveva sbriciolato in campionato Sassari e pur eliminata dall’Eurolega c’era la sensazione di aver preso un buon ritmo. Ma a Berlino, debutto di Eurocup, la resa fu quasi totale. L’Alba vinse in modo convincente, l’Olimpia fece pochissimo. Era una delle rare trasferte europee con Proli al seguito. In hotel, dopo la gara, venne rovesciato tutto sul tavolo. Nessun litigio, nessuno scambio di accuse, ma un chiarimento a tutti i livelli, allenatori, preparatori, società, giocatori. Tutto venne esplorato, chiarito, analizzato, tutti compresero meglio le esigenze di tutti. La squadra, forse la società, uscì più forte da quella notte fredda con la neve e la temperatura molti gradi sotto lo zero. Attorno a quel periodo, Kruno Simon giocò il miglior basket della sua stagione che l’avrebbe accompagnato dentro la Coppa Italia quando l’Olimpia aveva anche Kalnietis e la presenza in post basso di Batista.
IL TURNOVER – L’Olimpia giocò tre partite di livello altissimo in Coppa Italia, con scelte di turnover atipiche. Jasmin Repesa dimostrò la sua capacità di andare dritto per la propria squadra. Lasciò fuori Batista sia nella semifinale con Cremona che nell finale contro Avellino. A dispetto dell’assenza del centro arrivato dalla Cina, l’Olimpia dominò a rimbalzo dimostrando come potesse sopperire a tutto con la forza del collettivo. Le scelte di turnover di Repesa hanno spesso generato stupore. Aveva chiarito che il turnover può essere un vantaggio o uno svantaggio, ma dipende da com’è interpretato. L’ha portato avanti fino a gara 3 della semifinale, quando restò fuori addirittura Sanders. Poi ha fatto una scelta definitiva optando per Charles Jenkins, generalmente il miglior difensore della squadra, uno che si è sacrificato e ha meritato quanto gli altri questo scudetto.
LO SCUDETTO – Non è stato uno scudetto facile né da sottovalutare. La Coppa Italia che di per sé stessa non avrebbe reso vincente l’intera stagione ha convalidato il tricolore numero 27. L’Olimpia aveva fatto la doppietta nel 1972, nel 1986 e nel 1987, poi nel 1996. Quattro volte nella storia. Non è mai facile farla. In Europa l’ha fatta il Cedevita Zagabria in Croazia, forse la farà il Real Madrid, di sicuro vale tantissimo l’accoppiata VTB-Eurolega del CSKA Mosca, non è neanche il caso di dirlo. Ma non ci sono riuscite Olympiacos, Fenerbahce e neppure il Bamberg. Per vincere lo scudetto l’Olimpia ha eliminato una semifinalista di Eurocup e vinto gara 6 su un campo imbattuto nei playoffs, su cui la squadra di casa aveva vinto 22 gre su 23 fino alle 20.45 del 13 giugno.
NEXT STEP – Indipendentemente da cosa accadrà in estate, l’obiettivo societario non muta e prevede di ripetersi in campionato migliorando il livello di competitività della squadra in Eurolega dove la nuova formula da un lato diminuisce la pressione di dover superare il primo turno ma dall’altro c’è la dolce condanna di dover giocare 30 partite contro squadre di altissimo livello, tutte partite difficilissime, in casa e fuori, da ottobre ad aprile senza stop. Occorre prepararsi. La società lo sta già facendo.