
Quarta e ultima parte dell’intervista concessa da Arthur Kenney a www.olimpiamilano.com in attesa della “Celebration Night” di domani
Lo scudetto di Milano quanto vale come ricordo, rispetto alle vittorie a Power Memorial HS o Fairfield?
“Io cerco di essere un ambasciatore per promuovere la buona fede sia del mio Power Memorial (il liceo è stato chiuso nel 1984, ma noi Alumni teniamo lo spirito vivo), sia la mia Fairfield University (dove ho fatto parte delle migliori squadre della sua storia), e la mia carissima Olimpia Milano! Per me, l’Olimpia è stata la vetta della mia carriera, ed a Milano, ho fatto amicizie che sono durate tutta la vita. I miei amici mi prendevano in giro dicendo, eh Arturo, sei venuto in Italia ed hai trovato l’America. Loro si sbagliavano perché sono venuto a Milano, all’Olimpia, e qui ho trovato un pezzo di Paradiso.
“A St. Jude’s Grammar School ho iniziato gettare le fondamenta per arrivare alla Power Memorial e qui siamo stati riconosciuti come il “#1 High School Team of the Century”. Ho continuato a gettare le basi per poter andare alla Fairfield ad avere grandi successi sotto la tutela di George Bisacca. Con diligenza sono arrivato al mio grande desiderio di arrivare a giocare con l’Olimpia Milano, vincere uno scudetto e magari un giorno avere una mia foto in sede come quelle che vidi ogni giorno del Senatore Bill Bradley e di Skip Thoren”.
Come hai seguito l’Olimpia negli ultimi 40 anni?
“Il mio amico Basilio Andolfo ha speso un patrimonio in telefonate, francobolli ed anche visite a New York con altri amici come Luigi Grottini e Nando Albini per tenermi al corrente. Ho visto spesso Coach Rubini e Coach Gamba al Madison Square Garden. Nel 1994 ero con Bepi Stefanel a vedere la Finale NBA New York-Houston quando lui stava andando a Milano. Quando alla mia compagnia hanno deciso di fare un Torneo 3-Contro-3, ottenni la sponsorizzazione dall’Olimpia e diventammo la Sony Milano-New York. Vinto il torneo, portai il trofeo all’Olimpia durante le mia successiva visita a Milano. Io e Milano siamo sempre rimasti legati. Durante una mia sosta milanese, arrivai alla Malpensa un sabato mattina. Ero vicino la Piazza Cinque Giornate, e sono andato a fare footing andata/ritorno a Linate. Dopo, un mio amico mi informò che la Stramilano era in programma per il giorno dopo. Sono andato ad iscrivermi in centro, in Corso Vittorio Emanuele II, e la mattina dopo feci 1 ora e 16!
“Durante l’11 settembre 2001 lavoravo al World Financial Center, proprio accanto al World Trade Center. Subito dopo l’attacco terroristico, i circuiti telefonici furono completamente bloccati. Coach Rubini, Basilio e gli altri dell’Olimpia si sono consumati le dita nel tentativo di rintracciarmi senza riuscirci. Insomma il cordone ombelicale non è mai stato rotto”.
Dovessi parlare ad un americano che viene a giocare a Milano cosa diresti per convincerlo che è un posto speciale?
“In realtà l’ho già fatto! Mike Sylvester: l’estate del 1974 Mike è venuto a provare per l’Olimpia, ed io sono venuto da Le Mans per rinforzare la squadra. Durante una chiacchierata a pranzo, Mike mi disse che il nonno era barese. C’era in quell’epoca la regola per gli oriundi, e cosi ho preso Mike e il suo dessert e li ho portati subito a Coach Rubini. Così è iniziato un colloquio che ha portato Sylvester all’Olimpia da oriundo. Lo considero un mio regalo alla squadra.
“Bob McAdoo: dopo la sua stagione finale nel incontrati Bob per strada (26th Street & Avenue of the Americas/6th Avenue) a New York. Mi disse che voleva fermarsi per un anno per farsi curare gli acciacchi. Gli ho suggerito di venire in Italia, e gli ho raccontato le mie esperienze stupende a Milano. Non dico che sono stato io a portare il grande Bob a Milano, ma il seme l’ho gettato.
“La ricetta per convincere un giovane che Milano è un posto speciale è semplice: fargli conoscere la storia della società, la più vittoriosa d’Italia; gli presenti un club professionale; gli racconti che la storia di questa società è fatta di persone molte serie che hanno avuto successo oltre il basket: dottori, fiananzieri, industriali, anche un senatore Americano!
“E poi fagli vedere il tifosi nostri, “il sesto giocatore.” Sono sempre il migliore in campo, non fuori campo…beh, diciamo il sesto giocatore a Milano è sempre il migliore della partita!”
Dopo tanti anni sarà ritirata la tua maglia: sensazioni?
“Non ci sono parole per esprimere le mie sensazioni o emozioni. Durante i miei tre anni a Milano, ogni giorno prima e dopo ogni pasto alla sede in via Caltanissetta, 3, passavo davanti ad una foto di Bill Bradley ed una foto di Skip Thoren. Ho sempre sentito il desiderio di dare tutto alla mia Olimpia Milano e di essere degno di avere una mia foto in sede…sembra che “my dream has come true, in spades!”