
Dino Meneghin ha finito la sua leggendaria carriera tra Trieste e il ritorno a Milano, è stato un miracolo di longevità agonistica ma la sua vera carriera è stata quella che negli anni 70 l’ha visto protagonista a Varese e negli anni 80 a Milano. Nato ad Alano di Piave, in provincia di Belluno ma cresciuto a Varese, cominciò a giocare a basket abbandonando il lancio del peso e sfondando istantaneamente. Dopo aver firmato l’epopea varesina diventando l’avversario simbolo del Simmenthal, nel 1981 venne ceduto proprio all’Olimpia nel momento in cui Varese chiudeva un’epoca e Milano la inaugurava. Pur dovendo rinviare il debutto a causa di un infortunio, Meneghin cambiò la storia dello squadrone di Dan Peterson, portandolo allo scudetto del 1982 e quindi a otto finali consecutive di cui cinque vinte, più due titoli europei, una Coppa Korac, il Grande Slam del 1987. Fece coppia con giocatori strepitosi, l’elegante John Gianelli all’inizio, poi Joe Barry Carroll per accomodare il quale sacrifico il suo miglior momento realizzativo milanese, infine Bob McAdoo. Meneghin, rimbalzista, difensore, grande leader e combattente, fino al 1984 fu anche il perno della nazionale italiana. Attaccante migliore di quanto si ricordi, dotato di terrificante forza fisica, è stato il primo italiano ad entrare nella Hall of Fame mondiale come giocatore. La sua avventura milanese è legata anche a qualche episodio controverso come l’espulsione nella finale del 1984 a Bologna che poi lo costrinse a non giocare gara 3, assenza che risultò decisiva. Con la nazionale ha vinto l’oro europeo 1983, l’argento olimpico del 1980, nel 1970 a 20 anni fu scelto nei draft NBA da Atlanta e nel 1974 ricevette un’offerta da New York, primo giocatore italiano ad attirare le attenzioni della NBA.