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Cerella: “Dovevo rimanere sei mesi…”

03/11/2013
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Ecco il testo della pagina dedicata a Bruno Cerella nell’house organ dell’Olimpia che verrà distribuito domani sera a Desio prima della gara con Pistoia.

Bruno Cerella, 27 anni, viene dalla patria del basket argentino, Bahia Blanca, una città situata nel nord del paese, sul mare, abbastanza fredda per colpa del vento e malata di basket. Potrebbe essere paragonata alle Livorno e Pesaro degli ani ’80 con la differenza che Bahia Blanca non ha mai perso le sue squadre o la sua passione. “Ci sono 22 squadre a Bahia Blanca – racconta “Brunito”, guardia-ala al primo anno a Milano – Come in tutta l’Argentina il calcio esiste ed è seguito ma non come il basket. Io ad esempio ho cominciato a giocare a tre anni e mezzo. Succede a tanti dalle mie parti”. E infatti la produzione di talento a Bahia Blanca è impressionante: Emanuel Ginobili è il simbolo del vivaio locale ma vengono dallo stesso posto Alejandro Montecchia, gli altri due fratelli di Ginobili (Leandro e Sebastian, giocatori di livello anche loro), Pepe Sanchez, playmaker che ha giocato una finale NBA a Philadelphia e ha vinto l’Eurolega con il Panathinaikos, Jasen e altri ancora. “Ho la fortuna che in estate quando torniamo a casa, ci troviamo e mi capita di allenarmi con loro. Uno spettacolo”, racconta Cerella che anche per affinità di ruolo ha una specie di venerazione per Manu Ginobili. “Era il mio idolo crescendo e lo è anche adesso che lo conosco”.

Cerella venne in Italia a 17 anni, a Massafra. “Eravamo un gruppo di ragazzi argentini di origini italiane – racconta – l’idea era di giocare le giovanili e la serie C2. Doveva essere un’esperienza di sei mesi. Mi sono fermato per tutti questi anni”. Superando le sue stesse aspettative, Cerella è diventato un giocatore di Serie A passando da Salerno, Teramo con Andrea Capobianco in panchina e David Moss come esempio da imitare, il prestito a Casalpusterlengo dove fece sfracelli in Legadue, fino a Varese. “Con la squadra di Poeta, Amoroso, Moss e Carroll siamo arrivati terzi in regular season e abbiamo sfiorato l’impresa con Milano. Resta l’annata più bella ma se devo scegliere un momento della mia carriera dico il ritorno in campo dopo l’infortunio al ginocchio. Per un giocatore stare fermo così a lungo è drammatico”.

Fidanzato con Luli, appassionato di fotografie meglio se subacquee (“le immersioni sono il mio hobby preferito”), Cerella è attivissimo anche nel sociale. Il progetto “Slum Dunks” è attivo da anni: l’obiettivo è aiutare i giovani giocatori e allenatori africani a crescere mettendo a disposizione mezzi, conoscenza, opportunità. Sono anni che Cerella va in Africa con questo scopo, inizialmente solo in Kenya ma adesso anche lo Zambia è entrato nel suo radar. “Volevo fare qualcosa di buono ma non volevo farlo in Italia o Argentina dove ci sono già altre iniziative simili. Sono orgoglioso perché una ventina di allenatori che abbiamo aiutato oggi sono professionisti”

 

IL TEAR-DROP DI BRUNITO