Su tutto il corpo ha tatuata la sua storia ovvero le città in cui ha giocato quindi in qualche punto, non visibile, esiste anche un’immagine di Milano che segue tutte le altre a cominciare da Belgrado. Il Professor Vlado Micov è così: sembra privo di emozioni, perché non le esterna sul campo, ma fuori sorride e scherza ed è ironico molto più di quanto si pensi. “Al Galatasaray mi chiamavano The Iceman, l’uomo di ghiaccio – racconta -. Quando abbiamo vinto l’Eurocup e sono andato a fare un’intervista con la tv turca prima di farmi le congratulazioni mi hanno chiesto di sorridere! E allora l’ho fatto. Ma questo è quello che sono, che piaccia o meno. Sono felice solo se vinciamo, non conta chi abbia segnato più o meno”. E in effetti anche a Brescia, vinto il titolo di MVP della competizione, fatto raro per un giocatore di classe ma non così appariscente, la sua reazione è stata molto moderata. Il Professore è un leader, ma guida con l’esempio. E sempre indossando il numero 5: “Dal mio primo giorno in campo è sempre stato con me”.

Vlado viene da Belgrado, prodotto della scuola serba con un passato importante nelle giovanili della Nazionale plava, l’oro europeo Under 16 nel 2001 e il bronzo Under 20 nel 2005. Nel frattempo è passato attraverso diverse esperienze, le giovanili del Beopetrol Belgrado poi Nova Pazova, OKK Belgrado, Buducnost in due momenti diversi vincendo due titoli montenegrini e tre coppe nelle stagioni decisive della sua evoluzione, e il Partizan dove ha conquistato il titolo serbo. Il suo percorso non è stato lineare: nel 2009 fu ceduto al Panionios Atene, poi ha giocato anche a Vitoria ma senza trovare stabilità. Così la svolta c’è stata a 25 anni con l’arrivo a Cantù, stagioni importanti, l’EuroLeague. In sostanza ha fatto un passo indietro per poi muoverne due avanti. Da Cantù è volato addirittura al CSKA Mosca giocando due volte le Final Four di EuroLeague. Era al top del movimento europeo, era uno starter (nel primo anno ebbe 7.7 punti di media con il 42.3% da tre, nel secondo 7.6 punti per gara ma con il 48.8% da tre in EuroLeague). Dopo il CSKA, è andato al Galatasaray per altri tre anni, vincendo un Eurocup nel 2016 (ed è stato incluso nel primo quintetto All-Eurocup della competizione), poi è tornato in EuroLeague e ha giocato 29.1 minuti a partita. Qui a Milano sta facendo ancora di più. Ancora meglio.

Quando è arrivato all’Olimpia, si pensava per lui ad un ruolo da chioccia, come elemento di maggior esperienza di una squadra tutta nuova. Micov ha fatto molto di più: ad esempio rispetto all’ultimo anno al Galatasaray è passato dal 41 al 51% nel tiro da due! Quest’anno c’è la possibilità che termini con la miglior stagione in carriera in termini realizzativi (sono oltre 14 punti di media al momento). Ma i miglioramenti sono una conseguenza della maggiore esperienza. “Capisco il gioco, non sono atletico o veloce ma so come usare il mio corpo”, dice Micov che comunque non guarda mai alle sue statistiche. “Non è uno sport individuale il basket, è uno sport di squadra in cui conta vincere per cui la priorità dev’essere quella per tutti”. Gli anni non lo preoccupano: “Sto bene, mi sento a posto e gioco, tiro, con maggiore fiducia di quanta ne abbia mai avuta. Tutti mi chiedono cosa ho fatto nell’ultima estate ma non ho fatto nulla di diverso, cerco solo di giocare”. E’ questa la chiave: con un bagaglio di esperienza come il suo, riesce a governare meglio di tutti le situazioni. Anche per questo è difficile toglierlo dal campo o impedirgli di confezionare la stagione con il più alto minutaggio della carriera. Persino in difesa è diventato spietato, sa come usare i centimetri e i chili contro giocatori più piccoli e veloci, ad esempio. Non è un caso che il suo modello sia stato Dejan Bodiroga. “Ha vinto tutto, sapeva fare tutto, non aveva grande atletismo ma vedeva il gioco uno o due passaggi avanti”, ricorda del serbo che giocò vincendo anche a Milano.

“Fin dal primo giorno – dice il Coach Simone Pianigiani – Vlado è stato l’elemento cardine per la costruzione del progetto. Il suo IQ è altissimo, capisce e trasferisce ai compagni quello che vogliamo fare in campo, la nostra filosofia”.

 

 

 

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