A prima vista potrebbe sembrare una vita particolare, unica, quella di un ragazzo che cresce in una famiglia in cui il padre non è solo un atleta professionista, ma una vera leggenda, un All-America al college, un All-pro nella NFL, un Hall-of-Famer alla fine della propria carriera. Ma nella realtà non è proprio così. “E’ l’unica situazione che ho conosciuto, dopo un po’ ti abitui, che tuo padre sia un contabile, un uomo d’affari, un idraulico, alla fine sai cosa sta facendo. Non ho mai visto nulla di differente”, racconta Shavon Shields dell’ombra enorme proiettata da Will Shields, uno dei più grandi giocatori uomini di linea nella storia del football americano. Shields senior si è ritirato nel 2007: nel 1993, scelto al terzo giro, entrò dalla panchina nella sua prima partita NFL. Dalla seconda in avanti ha giocato da titolare 223 gare su 223. Non ne ha mai saltata una. Nel football è un’impresa incredibile. E’ quindi chiaro cosa abbia insegnato Will a Shavon. “Essere un professionista serio, assumersi le proprie responsabilità, presentarsi e svolgere il proprio lavoro ogni giorno”, racconta. Ma giocare a football? No, quello non l’ha fatto Shavon. “Ci ho pensato, ho provato per un paio di anni, ma poi ho capito che non faceva per me”.

E così è nata la sua carriera da giocatore di basket portandosi dietro quelle lezioni. E anche un po’ della cultura nord-europea della madre Senia, che è danese. “Mi ha aiutato quando sono venuto qui dal punto di vista della vita. Ero già stato in Europa, ha reso la transizione più facile, non è stato uno shock culturale”, dice Shields che prima ha giocato a Francoforte, poi a Trento e infine due anni a Vitoria.

Il biennio di Trento l’ha reso noto ai tifosi dell’Olimpia. “Ovviamente, so cosa significhi giocare qui. Vorrei riavere i tifosi in arena presto, vorrei che potessero sostenerci e in cambio offrire un buon spettacolo e vincere tante partite per loro”, racconta. Il ricordo di quella famosa gara 5 in cui segnò 31 punti è ancora vivo. “Avrei voluto vincere quella partita, ma ci sono situazioni in cui tutto quello che puoi fare è imparare anche dalle sconfitte”, dice.

L’ha fatto abbastanza da vincere il titolo in Spagna, “dopo due finali perse finalmente anche io ho vinto il mio titolo”. E’ successo a Vitoria, ma subito dopo è cominciata l’avventura di Milano. “Le mie aspettative sono sempre le stesse, mi piace divertirmi con la squadra, vincere partite, vincere titoli. Il mio ruolo lo sto imparando, siamo all’inizio, dobbiamo ancora capire come giocare insieme. Io cerco di essere il più completo possibile in modo da aiutare la squadra a vincere”.

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