Il CSKA nacque come squadra dell’esercito sovietico, per questo è sempre stata comunemente chiamata da queste parti “Armata Rossa”. Il suo quartier generale comprende impianti per numerose altre discipline sportive e risale alle Olimpiadi del 1980 che peraltro vennero boicottate da 64 paesi, inclusi gli Stati Uniti il che fece di Mike Sylvester – ex Olimpia – l’unico cittadino americano partecipante a quell’edizione dei Giochi (indossava la maglia azzurra dell’Italia che vinse l’argento). Ovviamente adesso è un club indipendente: anche se esiste il CSKA in molte discipline, calcio incluso, non è una polisportiva. Solo il marchio è lo stesso, il DNA. Per decenni il CSKA è stato a fasi alterne uno dei club di riferimento del basket europeo, ma erano i tempi in cui non utilizzava giocatori americani: aveva tutti i migliori russi o sovietici, anche se raramente riusciva ad attingere al serbatoio baltico, ai lituani in particolari. Negli anni ’80 perse un po’ di potere anche in patria, soverchiata dallo Zalgiris Kaunas e dalla banda di giocatori lituani che presero possesso anche della Nazionale olimpionica a Seul.

Nel 1996 il CSKA per la prima volta firmò due giocatori americani, Chuck Evans e Patrick Eddie, due figure minori. Il primo davvero rilevante fu JR Holden che poi diventò russo e il playmaker della Nazionale. La costante però è un’altra: tutti i giocatori più forti espressi dal movimento russo hanno indossata questa maglia. Basta un giro nel complesso del CSKA e guardare le loro maglie appese alle pareti per trovarsi sotto gli occhi la Hall of Fame del basket russo. Sergei Belov, Volodia Tkachenko, Anatoly Myshkin, Andrei Kirilenko, Sasha Kaun per dirne alcuni dei tantissimi. Tuttavia è negli ultimi venti anni che il CSKA è diventato la superpotenza di riferimento del basket europeo con 15 Final Four in 16 anni con tre titoli. Che possono sembrare pochi ripensando magari alle “delusioni” o al fatto che quasi sempre il CSKA abbia vinto più partite di qualunque altra squadra, ma sono sempre tre titoli. Tuttavia in questo periodo, l’importanza dei giocatori russi nel CSKA è scesa ed è aumentato l’impatto di quelli stranieri, soprattutto americani: Cory Higgins, Will Clyburn, Kyle Hines, Othello Hunter e da quest’anno Alec Peters, ala forte bianca con un tiro da fuori irreale. I giocatori russi restano di qualità ma solo Nikita Kurbanov, strepitoso difensore, ha un ruolo di primo piano. Poi ci sono Andrey Vorontsevich, Mikhail Kulagyn e Joel Bolomboy, russo di passaporto e da parte di madre, ma di padre africano che di recente ha avuto maggiore spazio.

Da quando l’allenatore è Dimitris Itoudis, il CSKA ha sempre giocato le Final Four e mai perso in casa più di una volta all’anno. Questa è la sua quinta stagione a Mosca: ha vinto l’EuroLeague nel 2016, ha perso due volte la semifinale e una volta la finale. Ma gli anni precedenti erano stati simili. Il CSKA non giocò le Final Four nel 2011 (anno in cui l’Olimpia riuscì a batterlo due volte), poi nel 2012 perse la finale con il lituano Jonas Kazlauskas in panchina, nel 2013 perse la finale e nel 2014 la semifinale con Ettore Messina in panchina. E’ comprensibile che in un’intervista di qualche tempo fa, proprio Itoudis si sia detto contrario alle Final Four. Preferirebbe una formula con playoff regolari, più coerente con lo svolgimento della stagione. Quattro volte in questi anni, il CSKA ha perso una semifinale o finale subendo rimonte incredibili: nel 2012 a Istanbul, in finale, l’Olympiacos vinse 62-61 rientrando da meno 19 e vincendo con un canestro di Printezis; nel 2014 a Milano perse la semifinale con il Maccabi 68-67 subendo una rimonta da meno 15; nel 2015 a Madrid perse le semifinale con l’Olympiacos 70-68 subendo una rimonta da meno nove con quattro minuti da giocare; nel 2017 sempre la bestia nera Olympiacos (eliminò il CSKA anche nel 2013 a Londra) risalì da meno 15 per vincere 82-78 (per inciso anche nella finale vinta nel 2016 contro il Fenerbahce, il CSKA dovette stoppare una clamorosa rimonta da meno 20 all’intervallo della squadra di Obradovic che di Itoudis è stato capo allenatore ad Atene).

L’Olimpia ha replicato la trasferta di una settimana fa: allenamento alle 10.45, partenza dal Forum alle 12.30, pranzo sul pullman (insalata di pollo, panino con roast-beef), volo alle 14.50 da Malpensa, tre ore e trenta in cielo, poi il trasferimento in hotel, meno disagevole rispetto alla settimana scorso quando si giocava a Khimki, nella cintura della capitale moscovita. Sull’aereo sono saliti 13 giocatori, tutti quelli a disposizione dello staff tecnico. Dopo lo shootaround nell’immenso Megasport, oltre 13.000 spettatori di capienza, si deciderà chi resterà in tribuna e dedicherà la giornata a preparare la trasferta di Reggio Emilia, in programma lunedì. Durante la seduta milanese, è apparso a bordo campo Arturas Gudaitis, reduce da un’altra seduta di riabilitazione in piscina. Caloroso l’abbraccio dei compagni, pilotati da Kaleb Tarczewski.  Sono otto gare che l’Olimpia non riesce a battere il CSKA. Non è una striscia anomala considerato il valore degli avversari in questi anni. Nelle ultime due uscite, Milano è stata avanti in doppia cifra. Successe a Mosca l’anno scorso ed è successo a Milano quest’anno. In nessuna delle due occasioni è stato sufficiente per vincere la partita.

La partita dell’8 marzo (auguri a tutte le donne, ovviamente) ha tutte le caratteristiche della sfida potenzialmente ad alto punteggio. Se il CSKA è prima nei punti per gara, l’Olimpia è seconda; se il CSKA è la squadra che commette più falli, sfruttando la sua profondità, l’Olimpia è quella che segna più tiri liberi. Contro il CSKA, Mike James ha fatto il record di assist, Jeff Brooks di rimbalzi e Kaleb Tarczewski di punti. Ma il nemico è davvero pericoloso e si sta preparando alla sua vera stagione, ai playoff. Will Clyburn e Vlado Micov si contendono i posti nei quintetti All-EuroLeague nel ruolo di ala piccola; Mike James e Nando DeColo nel ruolo di playmaker, anche se il francese di origini portoghesi è una combo-guard naturale che gioca quasi sempre da guardia se accoppiato a Sergio Rodriguez o Daniel Hackett. Ed è il miglior tiratore di liberi di EuroLeague, forse del mondo. Lui stesso come James è un candidato MVP della stagione.

Vlado Micov è l’ex di turno in casa Olimpia. “Quando ero al CSKA dicevano fosse la squadra più vicina alla NBA in termini di organizzazione ed era vero, ma adesso posso dire che anche noi a Milano siamo prossimi a quel livello, con le strutture e il club che ci sostiene”, dice. L’altro ex, dalla parte opposta, è Daniel Hackett: un colpo all’occhio riportato nel derby di VTB League (che da qualche anno ha in sostanza preso il posto del campionato russo ed è aperta anche a squadre di paesi limitrofi tipo Astana) con il Khimki l’ha spedito in lista infortunati. L’utilizzo è dubbio. Lo staff ha preparato la gara come se ci fosse: all’andata non giocò benissimo ma da allora ha cambiato marcia e da qualche mese il suo rendimento è forse il più alto della sua carriera. Per molti qui Hackett è un amico, nel caso di Andrea Cinciarini praticamente dalla nascita, da quando giocavano nei campetti di Pesaro assieme. Quando l’Olimpia vinse lo scudetto del 2014 – e Othello Hunter era il centro di Siena – Hackett e Curtis Jerrells si dividevano le responsabilità in regia, ma giocavano anche in coppia come successe nella furiosa rimonta di gara 7 al Mediolanum Forum. Adesso ha 31 anni compiuti, una famiglia, una bellissima bambina ed è al top della maturità come giocatore.

Due ore di fuso orario di differenza significa che sono le 20.20 locali quando l’aereo dell’Olimpia tocca terra a Mosca. C’è abbastanza tempo per sbrigare le pratiche burocratiche – non proprio velocissime in Russia –, trasferirsi all’Hyatt Regency nel centro della capitale, cenare e assistere alla gara tra Bayern Monaco e Maccabi Tel Aviv, la più interessante sotto l’aspetto della classifica che riguarda Milano. Nessuno vuole fare troppi calcoli o guardare la classifica, a sei giornate dalla fine della regular season, né speculare sul calendario. Ma la realtà è che siamo a marzo e siamo in corsa. Conta questo.

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