Era l’1 aprile 1966. Si giocava a Bologna, in Piazza Azzarita, in un tempio del basket italiano, all’epoca avveniristico. Era in programma la finale di Coppa dei Campioni tra il Simmenthal e la Slavia Praga. “Skip Thoren ha giocato una partita sensazionale in difesa su Zidek”, commentò Bill Bradley a fine a partita elogiando il compagno di squadra, stella dell’università dell’Illinos. L’Olimpia vinse 77-72, Thoren segnò 21 punti e per la prima volta una squadra italiana vinse la Coppa dei Campioni di basket. Fu la prima nella storia dell’Olimpia e l’apice della carriera di una generazione di giocatori che in Italia avevano vinto tutto: Gianfranco Pieri, il Professore di Trieste ad esempio. “Venivo da un posto in cui l’arrivo degli americani aveva esposto tutti alla cultura del basket – racconta – Raggiungere quel risultato fu sensazionale. Ho vinto nove scudetti in 13 anni a Milano, tutti insieme al mio amico Riminucci, ma la Coppa dei Campioni aveva un valore storico. Nessuno aveva mai fatto nulla del genere. Ricordo che festeggiammo per le strade di Bologna bevendo direttamente dalla Coppa”. Sandro Riminucci, da Pesaro, era la guardia atletica, Nane Vianello da Venezia l’ala mancina con una classe inconfondibile. Bill Bradley era uno scienziato prestato al basket, giocatore dell’anno a Princeton: straniero di Coppa dell’Olimpia in attesa di sbarcare ai New York Knicks. Thoren era il centro, anche lui destinato ad una discreta carriera professionale. Fu lui, il numero 9, a tagliare la retina, sollevato sulle spalle dei tifosi. Erano in 8.000 a Piazza Azzarita. Dicono ci fossero 3.000 milanesi. C’erano anche i giovani leoni dell’Olimpia, Giulio Iellini, l’erede di Pieri, e Massimo Masini, centro di classe, tiro, toscano di Montecatini Terme. Poi c’erano Gnocchi, Binda e il grande combattente Gindo Ongaro, altropluriscudettato. Il Coach naturalmente era Cesare Rubini, con Sandro Gamba che aveva smesso da poco al suo fianco.

Il Simmenthal aveva grandi ambizioni per quell’edizione della Coppa dei Campioni. Era riuscita a prendere Bill Bradley pensando alla finale di Bologna. Bradley viveva e studiava a Oxford in Inghilterra così era utilizzabile solo in Coppa. Arrivava da Londra per riunirsi alla squadra e poi rientrare dopo ogni partita. Ma era un’addizione straordinaria. Con Bradley era stato possibile compensare la perdita sul mercato precedente di Paolo Vittori, grande ala e grande attaccante di origini isontine, che aveva preferito muoversi verso Varese: così l’Ignis rispose al passaggio – contrastato – di Vianello da Varese a Milano. La squadra era pronta a coronare un sogno.

L’Olimpia liquidò in finale lo Slavia Praga che già aveva asfaltato a Milano durante la fase preliminare della Coppa. Ma l’impresa vera fu ribaltare contro il Real Madrid nei quarti di finale. Gli spagnoli erano i detentori del trofeo e lo avrebbero rivinto nel 1967 battendo proprio il Simmenthal nella finale di Madrid. L’Olimpia al Palalido dilagò nella ripresa con un Vianello da 40 punti, “penso sia stata la miglior partita della mia vita”, dice. Battuto il Real Madrid, l’occasione era d’oro. L’Olimpia sconfisse il CSKA Mosca in semifinale mentre lo Slavia, a Milano, ebbe la meglio sull’AEK Atene. Poi l’epilogo di Bologna. Cinquanta anni fa esatti.

Nella foto Skip Thoren taglia la retina.

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