Il primo grande fattore K dell’Olimpia molti anni fa fu CJ Kupec. Quello di adesso si chiama Kruno Simon, fresco padre di Amelie, giocatore fantasioso, mancino, che per ora ha lasciato un grande segno sul campionato italiano in cui guida la squadra per punti segnati di media, ne ha fatti 25 contro Bologna ed è stato decisivo altre volte, come dimostra la classifica del plus/minus medio o la sua presenza ai vertici della graduatoria del tiro da tre punti. Che sia il miglior sesto uomo del torneo al momento è fuori discussione, ma è legittimo considerarlo in corsa anche come MVP del campionato senza altre limitazioni. Per questo definirlo “Fattore K” non è sbagliato. Kruno esce dalla panchina e cambia ritmo alla squadra, che sia per dare il cambio ad Alessandro Gentile o per sostenerlo al suo fianco.

LA STORIA – Simon è uno dei giocatori più esperti dell’Olimpia. Ha 31 anni e anche se ha speso la prima parte della sua carriera a casa, in Croazia, non c’è alcun dubbio che sia un veterano. Ha giocato a Malaga, dove lo allenava Jasmin Repesa, e poi in Russia alla Lokomotiv Kuban, squadra che ha raccolto poco ma ormai è una realtà internazionale. Milano è la nuova tappa della sua carriera, forse la più importante. “Coach Repesa mi ha dato molto in carriera, inclusa la possibilità di giocare all’estero in grandi club. Io conosco lui e lui conosce me: è un rapporto che funziona e vorrei funzionasse per sempre”, dice Simon che ha definito “il giorno più bello della mia vita” quello in cui è nata la sua prima bambina. “Sono cosciente che mi cambierà la vita ma solo in meglio”, dice con un sorriso stampato sul volto.

IL GIOCATORE – Come giocatore è un fantasista. “Vede il gioco, sa passare la palla e tirare da fuori, magari non è un grande atleta e per questo soffre contro chi lo è”, lo descrive così Coach Repesa. “E’ un point-man aggiunto”, rileva. Simon ha segnato canestri di puro talento in questo scorcio di carriera milanese, grazie alla sensibilità ed educazione delle mani. Quando cattura un rimbalzo parte in palleggio con il motore al massimo dei giri e può inventare passaggi e tiri incredibili. Può giocare tre ruoli, attaccare fronte a canestro per chiudere con gancetti, scarichi o tiri da tre oppure giocare in post basso. Il rovescio della medaglia è inevitabile: quando giochi sempre sul filo del rischio, quando ti viene difficile rinunciare alla giocata spettacolare puoi finire per commettere errori. Ovvero palle perse.

GLI OBIETTIVI – Simon era stato il miglior giocatore di una Nazionale croata discretamente fornita di talento agli ultimi Europei. Il giorno della sconfitta con la Repubblica Ceka, che ha estromesso la squadra non solo dagli Europei ma anche dalla corsa olimpica, l’ha definito il “peggiore della mia carriera sportiva”. Siccome non c’è mai limite al peggio, quel giorno si è anche scavigliato, un infortunio lieve che però ha ritardato il suo inserimento a pieno regime nell’Olimpia. Un problema risolto in fretta. “Aldilà delle caratteristiche tecniche mi piace pensare a me stesso come ad un giocatore totalmente di squadra: questo è uno sport collettivo e io penso solo al bene del gruppo, alle vittorie. Sono quelle che lasciano il segno. Il resto non conta, quindi faccio di tutto per far vincere la squadra. E’ l’unico obiettivo che mi sono portato a Milano”.

IL CARATTERE – Nonostante il look stile “dark”, con baffi, barba e capelli nerissimi, che gli conferisce un’immagine un po’ ombrosa, in realtà Simon è un personaggio solare, che scherza con tutti, ha legato soprattutto con Milan Macvan e parla un inglese balcanizzato ma sostanzialmente perfetto. Quindi non ha fatto fatica ad ambientarsi a Milano o ad integrarsi nel gruppo pur essendo, a parte Stanko Barac, l’ultimo arrivato in ordine temporale. Con lui si combatte quotidianamente con la sua indole creativa, “da artista” dice il general manager Portaluppi, che lo porterebbe a privilegiare ciò che è bello più che semplice ed efficace. Come qualche passaggio dietro la testa o come ad Avellino quando prese un’iniziativa a 18 secondi dalla fine del quarto anziché far scorrere il tempo. Fece sfondamento e si voltò verso la panchina con il braccio alzato. Non c’era altro da aggiungere: aveva sbagliato e lo sapeva. “E’ un giocatore di talento”, la definizione finale di Coach Repesa. Se fosse un calciatore indosserebbe il numero 10.

 

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