Gigi Datome l’aveva detto. Fin dal primo giorno: “Vincere in Italia mi manca, ho vinto qualcosa a Siena, ma non avevo avuto un ruolo importante, ero molto giovane. Vorrei invece avere un ruolo significativo nelle vittorie dell’Olimpia”. La prima è arrivata. “Non è per vincere la Supercoppa che siamo qui, ma è un inizio”, ha detto subito dopo la fine di una competizione in cui Milano ha vinto otto gare su otto e sostanzialmenete non è mai stata sotto nel punteggio nel secondo tempo di alcuna partita.

In finale, Gigi Datome ha dato il meglio di sé stesso, confermando la propria reputazione di “Clutch Player”: al Fenerbahce è stato MVP della finale del 2016, due volte MVP della Coppa di Turchia e una volta MVP della Coppa del Presidente (l’equivalente della nostra Supercoppa). Non è stato MVP delle Final Four, ma è stato certamente decisivo in finale. Il suo 5-0 nel quarto periodo ha allungato in modo quasi definitivo il vantaggio dell’Olimpia che poi Sergio Rodriguez ha definito nei contorni. La partita di Datome poteva essere difficile, perché Jeff Brooks ha avuto problemi di falli il che ha ampliato il suo minutaggio, costringendolo ad abbinare quantità alla qualità. Infatti, nelle sette gare precedenti mai aveva giocato 27 minuti (e mai aveva segnato 17 punti). Inoltre, l’uscita di Vlado Micov per infortunio ha impedito a Coach Messina di ipotizzare anche un quintetto piccolo con il serbo da 4.

In tutto il torneo, Datome ha tirato con il 57.1% da due, il 55.5% da tre, il 92.8% dalla lunetta (13/14), ha avuto più palle rubate (nove) che perse (sette), ha finito con +85 di plus/minus e in finale ha stabilito anche il top nei rimbalzi, sei. “Costruire una cultura è quello che ci avevano chiesto – ha detto subito – anche quando sono arrivato al Fenerbahce. Si tratta di metterci assieme, lavorare bene ogni giorno, per raggiungere un obiettivo che è bello, stimolante. Penso ci siano le persone giuste, dallo staff tecnico ai giocatori per creare questa mentalità e poter crescere ancora in futuro”. Il primo passo è stato fatto. Il più piccolo, moltissimi restano ancora da fare, ma appunto è una partenza.

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