Due triple su altrettanti scarichi e un jumper da cinque metri battendo un close-out. Sono stati otto punti in circa due minuti a cavallo del terzo e quarto periodo. Al Sinan Erden Dome. Era il 21 maggio 2017. La sfuriata offensiva di Gigi Datome ha permesso al Fenerbahce di allungare in modo definitivo contro l’Olympiacos involandosi verso il primo titolo europeo del club, o di una squadra turca. Datome era andato a Istanbul nel 2015, due anni prima, reduce da un biennio nella NBA, esattamente per quel motivo. Nel 2016 a Berlino, la sconfitta era arrivata – contro il CSKA Mosca – dopo un tempo supplementare. Il Fenerbahce era risalito da meno 20 a più due. Doveva solo difendere un ultimo possesso. Nando DeColo da tre andò per vincere. Ma sbagliò, il rimbalzo finì nelle mani di Viktor Khryapa: in un attimo rilanciò il pallone verso il canestro trovando il bersaglio e l’overtime. Fu una delusione tremenda: il Fenerbahce trovò quella sera stessa la forza di rispondere. Datome aveva un’offerta da Memphis per ritornare subito nella NBA. Rifiutò per riprovarci a Istanbul nel 2017. E fu ripagato. Denis Marconato, Gregor Fucka e Gianluca Basile sono gli unici italiani che, prima di lui, hanno vinto l’EuroLeague in una squadra straniera (Daniel Hackett l’ha fatto nel 2019).

Luigi Datome viene da Olbia. Il padre Sergio è un albergatore, ma soprattutto un grande appassionato di basket oltre che ex giocatore delle serie minori sarde il cui soprannome era “33” perché pare segnasse spesso 33 punti. Il club locale si chiama Santa Croce e fu fondato nel 1970. Gigi gioca con il 70 per quel motivo. Aveva sempre indossato il 13, prima esperienza NBA a Detroit compresa. Ma a Boston il 13 non era disponibile e fu così che decise di giocare con il 70, che rappresenta le sue origini. “Non ricordo il mio primo allenamento di basket, perché il basket è sempre stato parte della mia vita”, dice lui. Olbia chiamò ad allenare le giovanili un coach di grande mestiere ed esperienza come Piero Pasini: nel 2002, Olbia vinse il titolo italiano allievi grazie anche ad una comunione d’intenti con altre squadre della zona che costringeva i ragazzi ad allenarsi a Olbia, a Sassari o a metà strada. Datome era il giocatore più alto, più bravo, più determinato della squadra. Di quel gruppo faceva parte anche Riccardo Fois, che oggi fa l’allenatore, nello staff dei Phoenix Suns e della Nazionale italiana. Lo scudetto fu vinto a Bormio, battendo Biella in finale. In semifinale, la squadra di Gigi superò proprio l’Olimpia. Ovviamente, Olbia stava stretta a Gigi. Agli Europei Under 16 vinse la classifica marcatori. I top club italiani provarono a prenderlo. Faceva parte della generazione più promettente: Andrea Bargnani dalla Stella Azzurra Roma andò a Treviso; Marco Belinelli andò alla Fortitudo Bologna; Danilo Gallinari venne a Milano. E Datome andò a Siena, a fare incetta di titoli giovanili, portandosi dietro la mamma che non avrebbe mai permesso ad un figlio sedicenne di vivere da solo così presto. Nel 2005, al junior tournament di EuroLeague, a Mosca, guidò la sua squadra alla vittoria sul Maccabi Tel Aviv, segnando 38 punti con 19 rimbalzi e 54 di valutazione. Nel Maccabi c’erano Omri Casspi e Gal Mekel, due futuri giocatori NBA. Aveva 18 anni, ed era considerato un prospetto NBA.

In realtà, sarebbe servito ancora un po’ di tempo per vederlo esplodere ai massimi livelli internazionali. A Siena in prima squadra ha giocato poco (anche se esordì in Serie A il 12 ottobre del 2003, a quindici anni e undici mesi, e tre giorni dopo il sedicesimo compleanno segnò i suoi primi punti contro la Viola Reggio Calabria), a Scafati ha fatto due anni di apprendistato, come lo sono stati i primi due a Roma. Nel 2010/11, le cose sono cambiate. Quella è stata la sua prima stagione finita in doppia cifra, 10.8 di media, l’anno seguente ha sfiorato l’impresa di terminare l’anno oltre il 60% da due, il 40% da tre e il 90% nei tiri liberi. Si fermò al 58.9% da due. Nel 2012/13 fu MVP del campionato portando Roma alla finale scudetto, persa contro Siena, praticamente triplicando i tiri da tre in stagione (da 88 a 221) e i tiri liberi (da 65 a 203, trasformandoli con il 92.6%). Quell’anno Roma vinse i quarti di finale contro Reggio Emilia in gara 7 e lo stesso fece in semifinale contro Cantù, ribaltando la serie da 2-3 a 4-3. Il premio per una stagione di livello altissimo fu coronare il sogno di giocare nella NBA. (1-continua)

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