“Sono super gasato dall’idea di giocare a Milano. Anche la mia famiglia lo è. Non vedo l’ora di giocare per Coach Messina, conoscere i compagni, competere per i massimi livelli. Sono stato a Milano altre volte e lo consideravo un posto in cui mi sarebbe piaciuto venire. Quest’estate la situazione è stata favorevole e ora non vedo l’ora di cominciare”. Aaron White, sposato con Grace, due figli piccoli ha energia ed entusiasmo contagiosi. Dopo la lunga stagione di Kaunas, ha portato la famiglia a Disneyworld in Florida e poi è volato a Milano per prendere contatto con la sua nuova avventura. Un’avventura cominciata da lontano.

White ricorda perfettamente il giorno in cui la sua vita cambiò e ricevette la proposta di andare a giocare ad Iowa. Fino a quel momento tutte le offerte che gli erano arrivate provenivano da college di secondo piano, i cosiddetti “mid-majors”, ma Iowa era vicino a casa – lui è di Strongsville, Ohio, non lontano da Cleveland – e fa parte della Big Ten conference. Per lui era una grande opportunità di inseguire un sogno, anche se Iowa aveva vinto 11 partite su 31 l’anno precedente e non era necessariamente una “powerhouse”. “I quattro anni ad Iowa sono stati eccezionali, quando sono arrivato la squadra non era un granché, ma avevamo un nuovo allenatore, Fran McCaffrey. Ho l’orgoglio di aver contribuito a costruire il programma, lasciandolo in una situazione migliore rispetto a quando sono arrivato. E’ stata una crescita costante lungo quattro anni. Sono stato fortunato a far parte di una classe che ha cambiato il percorso”, racconta White.

White diventò il primo giocatore di Iowa in 69 anni a registrare una doppia doppia nella prima uscita ufficiale e così cominciò una storia d’amore lunga quattro anni che comprese la finale del NIT nel 2013 (persa contro Baylor), due viaggi al Torneo NCAA nel 2014 e nel 2015 quando White segnò oltre 16 punti a partita, fu incluso nel primo quintetto di conference e diventò un nome importante anche per i draft. In quegli anni il suo stile di gioco era molto identificabile: White era un giocatore d’area, ricco di energia, che attaccava il ferro, segnava su tap-in, schiacciate, riempiendo le corsie in contropiede, accumulando tiri liberi. Ad Iowa, White finì come primo di sempre in tiri liberi segnati e procurati in carriera (oltre che secondo realizzatore e terzo rimbalzista di sempre). Solo quando è arrivato in Europa il suo gioco si è ampliato. Addirittura a Bonn segnò dall’angolo, da tre, il canestro di una vittoria contro Tubingen sulla sirena. “Ho sempre giocato così, cercando di usare intensità e atletismo non solo a beneficio mio, ma di tutta la squadra. Cerco di aiutare la squadra magari segnando due punti con una schiacciata per dare un po’ di energia e coinvolgere i tifosi. Rispetto agli anni di Bonn e al college, però ho cercato di espandere il mio gioco, giocare un po’ di più dal palleggio, passare la palla, segnare da tre, cercare di fare qualcosa di più, di tutto, non una cosa sola oltre a portare tanta energia, in modo da aiutare la squadra, giocando un possesso alla volta”.

In realtà il primo contatto cestistico con l’Europa risale al 2013 quando giocò con la Nazionale americana le Universiadi, a Kazan. Non andò bene: gli USA persero due gare su otto, ma nei giorni sbagliati e finirono fuori dal giro delle medaglie. Le stelle erano Yogi Ferrell (ora a Sacramento) e Spencer Dinwiddie (guardia dei Nets).  Al college giocò insieme a Devyn Marble, di recente a Trento.

Nel 2015, fu scelto al numero 49 da Washington che ne ha conservato i diritti NBA fino a poche settimane fa quando li ha ceduti a Brooklyn. “Per ogni americano, ma direi ogni giocatore di basket, ha l’ambizione di essere scelto nei draft. La NBA è una cosa enorme, la mia carriera ha seguito un percorso differente rispetto a quello che mi aspettavo cinque anni fa, ma sono estremamente felice. I miei anni in Europa sono stati fantastici, anche per la mia famiglia. Cinque anni fa non l’avrei mai immaginato, ma sono felice di quello che ho fatto finora”, spiega.

La carriera di White si è sviluppata prima in Germania a Bonn, poi allo Zenit San Pietroburgo e infine Kaunas con il debutto in EuroLeague, la conquista di una Final Four e i due titoli vinti nella lega lituana. “Ogni anno ho fatto un passo avanti, sia personalmente che come squadra. A Bonn, mi sono adattato allo stile europeo, a vivere qui e giocare uno stile differente. A San Pietroburgo, ho fatto un ulteriore passo, abbiamo avuto una stagione vincente, ho giocato l’Eurocup, avevo anche grandi compagni. E poi i due anni con lo Zalgiris mi hanno permesso di giocare sul palcoscenico più importante, in EuroLeague: giocare le Final Four e vincere due titoli lituani mi ha consentito di capire meglio cosa serve fare per vincere, essere parte di uno spogliatoio propositivo, allenati da un grande coach. Giocare a Kaunas è stata un’esperienza unica, ovunque vai nel paese senti che lo Zalgiris è importante. L’arena è piena per ogni gara di EuroLeague, è stata un’esperienza importante, anche per la mia famiglia. Mio figlio è nato a Kaunas. Quel posto sarà sempre speciale per me, me ne sono andato con grandi ricordi”, racconta.

Ora il suo percorso l’ha portato a Milano, con la moglie Grace e i due figli piccoli “Dobbiamo crescere come gruppo ovviamente. Coach Messina metterà tutto in ordine non solo per ognuno di noi individualmente ma come collettivo. Da lì vedremo che tipo di ruolo dovrò interpretare, non voglio guardare troppo avanti, e dire farò questo o quest’altro, preferisco andare in campo, ascoltare l’allenatore, rispondere a quello che faranno i miei compagni e portare quello che serve per aiutare la squadra. Voglio essere il collante che aiuta la squadra e fa quello che serve per vincere”.

Ecco il video con l’intervista integrale e le immagini più belle

 

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